L’anoressia è un disturbo del comportamento alimentare che sta destando parecchia preoccupazione in ambito medico, perché negli ultimi decenni i cambiamenti degli stili di vita uniti ai disagi psicologici della società moderna, hanno portato ad un netta diffusione di questa patologia. Questo disturbo ha spesso un esordio subdolo e nei pazienti molto giovani viene mascherato, per esempio, dai possibili cambiamenti dovuti al periodo dell’adolescenza.
Le persone affette da anoressia hanno un forte disagio interiore che non riescono a gestire e che piano piano le logora, portando questi individui ad assumere comportamenti alimentari molto pericolosi per la loro salute e che se non presi in tempo e non gestiti adeguatamente possono essere fatali. È un lungo tunnel quello dell’anoressia, ma nessuno è solo ed è importante chiedere aiuto. Questo tunnel non sembra senza uscita solo per chi è affetto dalla patologia, ma è faticoso e doloroso anche per i parenti stretti che vivono assieme a queste persone e che non vorrebbero mai vederle soffrire.

Come inizia l’incubo anoressia
Una persona diventa anoressica quando comincia a modificare le sue abitudini alimentari, riducendo o addirittura interrompendo la propria alimentazione: si parla di anoressia quando il peso corporeo scendo al di sotto dell’85% del peso normale in base alla propria età, al sesso a cui si appartiene e all’altezza.
Nel soggetto affetto da anoressia si instaura una paura ossessiva di acquistare peso, anche quando si è francamente sottopeso, e di conseguenza c’è un rifiuto ad assumere gli alimenti o si instaura un regime alimentare restrittivo evitando tutti quegli alimenti ad alto contenuto calorico. Diagnosticare l’anoressia non è facile soprattutto nei soggetti molto giovani a causa dei cambiamenti fisici che la crescita prevede e che comportano squilibri fra peso e altezza, che potrebbero mascherare l’inizio di comportamenti alimentari sbagliati.
Nei bambini, nelle bambine e nei ragazzi maschi i principali segnali potrebbero essere sintomi come la nausea e la mancanza di appetito, invece nelle ragazze, oltre a quelli già elencati, un altro possibile sintomo potrebbe essere l’arresto del ciclo mestruale per più di tre mesi consecutivi.
Questo disturbo alimentare si può manifestare in due modalità:
- la prima prevede una riduzione costante della quantità e della tipologia di alimenti ingeriti, attuando una restrizione alimentare,
- la seconda modalità invece prevede un’alimentazione con abbuffate seguite da successiva eliminazione attraverso uso inappropriato di lassativi o praticando un’attività fisica eccessiva per compensare l’abbuffata.
In questi lungo tunnel dell’anoressia, l’individuo somatizza il proprio disagio psicologico “scaricandolo” sulla questione alimentare e portando la vita della persona ad essere totalmente incentrata su ciò e privandola invece di provare interesse ed entusiasmo verso altri ambiti della vita.
Anoressia: testimonianze dei genitori
Spesso quando si analizza la portata emotiva di una malattia si focalizza l’attenzione quasi esclusivamente sul paziente e sugli aspetti della patologia che vanno ad incidere sulla qualità di vita del malato stesso, meno frequentemente invece ci si concentra su tutte quelle dinamiche che anche i parenti dei pazienti devono vivere nei periodi di malattia del loro caro.
L’anoressia, più di altre malattie, colpisce soggetti molto giovani e adolescenti che ancora vivono con le proprie famiglie d’origine: questo dovrebbe farci pensare alle ripercussioni non indifferenti che queste situazioni hanno anche sui genitori e sui familiari stretti del giovane paziente.
Genitori che si trovano catapultati in un incubo non loro e che devono fare i conti con la fragilità e le grandi difficoltà che i loro figli stanno vivendo, di fronte alle quali si sentono inermi e impotenti.
Vediamo più da vicino di cosa si tratta nel particolare attraverso la testimonianza di una mamma raccolta dal sito dell’ Associazione Margherita Fenice.
La mamma di Beatrice ha dovuto affrontare le problematiche relative all’anoressia quando sua figlia aveva 14 anni e stava concludendo la terza media. Era il mese di maggio e fino ad allora Beatrice aveva condotto una vita solare, attiva, andava bene a scuola e c’erano stati molti momenti di gioia e anche di voglia di crescere e di diventare grande.
In coincidenza degli esami di terza media Beatrice aveva cominciato a vivere le giornate con ansia e la scuola era diventata sempre di più un momento di preoccupazione e di paura di non essere mai all’altezza o di non impegnarsi abbastanza. Da qui è cominciato un vortice di senso di insoddisfazione generale che è andato a dominare le giornate e che piano piano stava investendo anche altri ambiti oltre a quello scolastico.
Beatrice cominciava ad avere pensieri più negativi e cupi a livello psicologico, ciò era venuto a galla anche nella stesura del tema di italiano durante una delle prove degli esami di terza media in cui scriveva “lacrime infinite che bucano lo sguardo e che fanno vedere tutto senza senso. E’ appannato e confuso il mondo con le lacrime negli occhi. Questo è quello che penso in molte occasioni, soprattutto adesso che tutto dipende da me”, parole molto forti.
Beatrice inizia così a mangiare sempre meno sia quando si trova alla mensa della scuola, sia quando è a casa e comincia ad evitare tutti i cibi che ritiene ipercalorici; a casa le cene si trasformano in litigi con i familiari per via del suo rifiuto verso il cibo. La mamma di Beatrice racconta come lo stato d’animo della figlia fosse diventato sempre più nervoso, arrabbiato e caotico, inoltre la mamma aveva notato come Beatrice avesse trovato un espediente per riuscire a resistere maggiormente alla fame mettendosi un elastico attorno al polso e facendolo schioccare sulla pelle per richiamare l’attenzione sull’obiettivo di resistere a mangiare e ricordarsi di avere controllo sul senso di fame.
In queste situazioni i genitori si trovano totalmente disarmati e colti alla sprovvista di fronte a ciò che sta succedendo ai propri figli, facendosi mille domande sul perché il proprio figlio abbia sviluppato questa grossa sofferenza interiore. Come racconta la mamma di Beatrice, spesso i sentimenti del genitore rimbalzano da barlumi di speranza in cui si crede che tutto possa tornare alla normalità, a momenti di disperazione in cui si teme realmente per la vita dei propri figli.
Di fronte a tutto ciò i genitori impreparati e attoniti, si sentono impotenti e invasi da una moltitudine di sentimenti, troppo complessi e grandi per qualsiasi persona. La mamma di Beatrice racconta poi di come si fossero affidati ad un equipe di professionisti che comprendeva una dietista e una psicologa e attraversando periodi di crisi che destabilizzavano anche l’equilibrio familiare con sfuriate varie.
La primavera successiva purtroppo Beatrice possiede ancora un peso inadeguato e addirittura comincia a perdere un kg alla settimana, rendendo così necessario il ricovero in sede ospedaliera a causa di una severa bradicardia, questo perché era talmente basso l’apporto calorico che introduceva attraverso l’alimentazione che anche il cuore non aveva abbastanza energie. In ospedale Beatrice viene quindi sottoposta a una terapia di reidratazione e viene continuamente monitorata.
Le parole della mamma riguardo al ricovero di Beatrice: “ Guardo mia figlia mentre dorme nel letto dell’ospedale, il viso è scavato e pallido, i capelli sottili e diradati, le labbra screpolate, il suo corpicino ossuto sembra sparire sotto le coperte. Il riposo della guerriera. Contro chi stai combattendo Beatrice? Quali mostri ti stanno assalendo e portando via tutte le energie, cosa posso fare, come posso aiutarti e scacciarli via per sempre? Quando riapre gli occhi mi sorride, e il mio cuore, la mia testa, la mia pancia implorano che possa rivolgermi la domanda più bella e semplice del mondo: “mamma, ho fame , che c’è per merenda?” .
Dopo quindici giorni di ricovero, Beatrice viene spostata in un centro di cura specifico per disturbi alimentari “La casa delle farfalle” per intraprendere il percorso di guarigione che dura 5 mesi . Piano piano in questi mesi Beatrice e le altre ragazze del centro cominciano a rifiorire e i visi diventano più allegri e più luminosi. Finalmente dopo questo periodo Beatrice può tornare nella sua casa: si sente finalmente bene ed è tornata ad essere una ragazza sorridente e allegra, sta anche riprendendo contatto con il mondo che le apparteneva fatto di amicizie, risate e di vita.
Certo, non manca qualche qui pro quo quotidiano di routine, ma sono tutte piccolezze che si affrontano e soprattutto bisogna dare spazio al dialogo e ai dettagli, che non sono mai insignificanti.
Infine non bisogna dimenticare che è vero che Beatrice e tutte le persone colpite dall’anoressia rimangono i veri eroi di queste situazioni, ma anche i genitori devono sviluppare dei “super poteri” per affrontare la carica emotiva e le preoccupazioni che sorgono naturali e che risultano amplificate dal fatto che un genitore non vorrebbe mai vedere il proprio figlio in uno stato di così profonda sofferenza.
L’anoressia è una malattia molto complessa e subdola soprattutto nelle fasi iniziali e non va sottovalutata la presenza di eventuali comportamenti a rischio che, se presenti, vanno presi sul nascere per evitare le situazioni cliniche più “estreme”.
Fonti: