Era ancora una bambina Sabrina Frangiamore quando ha iniziato a fare i conti con un malessere interiore che la faceva aumentare inspiegabilmente di peso. Un disagio che ha segnato gran parte della sua vita, facendole toccare il fondo, fino al giorno in cui……
Il binge eating disorder è l’assunzione incontrollata di cibo non accompagnata, come per le altre tipologie di disturbi alimentari, da pratiche di eliminazione o di compensazione di quanto ingerito. Ma dal punto di vista dei e delle pazienti, le cose sono un po’ diverse: “Definirei il Binge Eating Disorder come la malattia dell’anima, che fa sentire chi ne soffre incapace di gestire le proprie emozioni, costringendolo a rifugiarsi nel cibo e facendo letteralmente perdere il controllo di sé. È come essere ipnotizzati e completamente in balia di qualcosa di cui non si ha il controllo. A differenza degli altri disturbi alimentari, questo non implica che vi sia una “compensazione”, così il malato a lungo andare ingrasserà sempre di più e quando riacquisterà coscienza di quanto stia facendo, non poter compensare l’abbuffata fa sentire molto in colpa ed arrabbiato con se stesso, e con il mondo intero”.

Sabrina Frangiamore parla così della malattia con cui ha convissuto per diversi anni della sua vita, che le ha lasciato addosso ferite molto profonde da rimarginare.
Parlami di questo disturbo, quando è iniziato?
“Questo disturbo può portare anche all’isolamento della persona che eviterà perciò qualsiasi tipo di rapporti sociali.
Anche andare a mangiare una pizza in compagnia di altre persone può essere un gran problema perché, nella maggior parte dei casi, chi soffre di Binge Eating non parla con nessuno del proprio disagio e soprattutto odia essere visto dagli altri mentre mangia per non sentirsi giudicato. È un problema con il quale ho convissuto da quando avevo circa sei anni.
Sono cresciuta in una famiglia nella quale i miei genitori pensavano più a risolvere i loro problemi di coppia, che a me, che ero solamente una bambina cicciottella che doveva seguire una dieta, senza capire realmente il motivo di quelle privazioni.
Pensavo di essere la causa dei litigi dei miei genitori e che quella fosse la mia punizione.
Iniziai a rubare il cibo in casa e ad ingrassare smisuratamente, cercando così disperatamente di attirare la loro attenzione”.

E ci riuscivi?
“I miei tentativi non erano mai percepiti dai miei, che continuavano a portarmi da molti specialisti, nella speranza di poter trovare una spiegazione alla mia obesità. Ho fatto molti ricoveri da bambina.
Il più lungo in un noto ospedale pediatrico romano che durò due mesi ma non avevo mai nulla che non andasse.
Ero soltanto una bimba troppo obesa e dovevo seguire la dieta, che io volessi o no.
Ma in realtà i miei furti di cibo, compensavano tutte le emozioni che non riuscivo ad esprimere. Un grido di aiuto il mio, che non fu ascoltato, neanche dai medici che mi hanno avuto in cura”.
Che cosa è che ti è mancato di più durante la tua infanzia?
“Una famiglia unita che fosse al fianco ai propri figli. A volte i genitori pensano che i figli siano in grado di assumere comportamenti responsabili, ma i bambini sono bambini e non possono essere trattati da adulti. Mi manca la spensieratezza di quegli anni che non torneranno più, ma non importa, sono cresciuta con difficoltà ma sono riuscita a farcela ugualmente”.
Com’era il tuo rapporto con i tuoi coetanei da ragazza adolescente?
“Man mano che crescevo, mi vedevo diversa, il mio corpo cambiava ed era decisamente diverso da quello dei miei coetanei.

A tredici anni pesavo oltre 110 chili. Ho subito bullismo e offese di ogni tipo anche a scuola, per cui tendevo ad isolarmi nonostante dentro di me avessi tutta quella voglia di vita che è giusto avere a quell’età. Ma era più forte di me, preferivo isolarmi e rifugiarmi nel cibo piuttosto che chiedere aiuto. Per questo penso quanto sia importante parlarne, perché no, farlo anche a scuola, senza vergogna. Ne vale un’intera vita”.
Perché sei andata via di casa? Quanti anni avevi quando lo hai fatto?
“Ho preso la decisione di andare via da casa a circa ventisei anni. La situazione era diventata insostenibile. I miei genitori avevano mollato la spugna riguardo alla possibilità di farmi dimagrire, avendo provato di tutto. Così mi sono ritrovata a vincere una battaglia contro i miei, non sapendo ancora che i veri nemici da sconfiggere non erano loro. Una ribellione che era in realtà una guerra con me stessa. La mia obesità era diventata molto grave, fuori controllo, così come le grandi abbuffate di cibo che erano di ordinaria amministrazione e che avvenivano ormai più volte al giorno. I miei pensieri erano costantemente manipolati dal cibo e, non andando molto d’accordo con mia madre, ogni screzio con lei, mi faceva correre a mangiare invece di reagire a quelle parole che mi ferivano, pensando di meritarmi tutto il male per ciò che stavo facendo a me stessa. Stanca di quei litigi, pianificai quindi la mia fuga da casa.
Mi costò molto convincere la mia mente a fare quel passo.
Dovetti lottare contro tutti i miei mostri che, nel periodo prossimo al mio trasferimento, si facevano sentire con forza, cercando anche di convincermi a restare li dov’ero stata per anni, tanto mi avrebbero seguita ovunque.
Ed invece, sono riuscita a cambiare aria.
Ero finalmente libera di vivere le mie esperienze.
È stato molto difficile ritrovarsi in un mondo dal quale mi ero nascosta per anni.
Non credevo neanche io che potesse essere possibile.
Presi coscienza che era tutto vero, solo quando, il treno sul quale viaggiavo, si allontanava da Roma.
Ero spaventata, sapevo bene che avrei dovuto affrontare da sola le vicissitudini della vita e relazionarmi con le persone, tenendo conto del problema che mi portavo dietro, consapevole oltretutto del tipo di vita che avevo fatto per tantissimi anni”.
Parlami di quella sensazione di libertà
“Mi sentivo sollevata. Non dipendere più dalle decisioni di qualcuno che non era affatto d’aiuto, ma al contrario, sempre pronto a giudicarmi, qualsiasi cosa facessi,” ostaggio” di una persona manipolatrice come è stata mia madre con me, mi faceva sentire libera”.

Quando hai avvertito che la tua vita stava cambiando rotta?
“La mia avventura, chiamiamola così, dal momento in cui ho lasciato la mia famiglia, ha avuto parecchi colpi di scena, avvenimenti che mi hanno portato un po’ in giro per l’Italia fino a quando, dopo qualche mese, arrivai alla mia destinazione, Milano. Il mio arrivo lì ha segnato davvero un nuovo inizio per me.
Mi hai parlato di una frase di una collega, in particolare, che, ad un certo punto, ha risvegliato qualcosa in te, che cosa?
“In quel periodo stavo lavorando per un’ azienda nel settore dei petroli. Avevo stretto amicizia con alcune colleghe tra cui una che veniva descritta da tutti come quella che diceva le cose in faccia. Spesso a mensa provava a parlarmi di sana alimentazione e di quanto fosse importante per lei, provando, vista la mia obesità, a darmi delle dritte a riguardo, non sapendo nulla del mio disturbo alimentare.
Io ovviamente anche in mensa sceglievo il cibo tra quelli più sani, per non dare nell’occhio, per poi invece correre nei bagni e mangiare ciò che avevo riposto furtivamente in borsa…
Tornando alla mia collega, fu proprio lei che riuscì a farmi prendere consapevolezza di avere un reale problema che non sapevo come gestire.
Ricordo che eravamo in treno in viaggio di ritorno verso casa dopo una giornata di lavoro, e che durante una conversazione mi disse che se non ero in grado di fare niente per me stessa, non avrei mai potuto essere d’aiuto agli altri.
Come ne sei uscita?
Sebbene non fosse a conoscenza del mio disturbo alimentare, aveva proprio colto nel segno: non mi amavo e quelle parole mi fecero più male di un pugno allo stomaco, facendomi cadere in una profonda crisi. Ero stanca di quella vita, di subire i commenti di tutti riguardo il mio corpo, tanto che ci fu un momento in cui pensai persino di farla finita.
Avevo preso consapevolezza di avere un grosso problema con il cibo e con me stessa ma non sapevo come uscirne.
Sono stata molto male, ho avuto un brutto crollo psicologico”.





“Dovetti allontanarmi dal lavoro perché iniziai ad avere attacchi di panico e non riuscivo più a dormire.
Per i colleghi ero diventata invisibile ed anche il mio rendimento lavorativo stava risentendo di quella situazione. Non comprendendo cosa mi stesse accadendo, il mio medico, in maniera molto sbrigativa, mi prescrisse una visita al centro di salute mentale e degli ansiolitici.
Ma quando arrivai a casa, con quella scatola di medicine tra le mani, compresi improvvisamente che nessuna medicina avrebbe mai potuto restituirmi l’amore che per anni avevo negato a me stessa, rincorrendo i miei mostri.
Così decisi che avrei dovuto fare qualcosa soltanto per me, ricoprire il ruolo di mamma di me stessa, anche per poter riabbracciare “me bambina”, quella bimba che per anni era stata lì, dentro di me, ferma ad aspettarmi.
Avevo fatto così tante diete in vita mia che iniziare a prendermi cura di me, a partire da una sana alimentazione, è stato tutto sommato abbastanza semplice.
Ho riscoperto i sapori e gli odori dei cibi e il bello di sentirsi liberi dalla voglia di mangiare, non avendo timore delle mie emozioni, facendo un grosso lavoro sulla parte più intima di me, quella mentale.
Ho scoperto che la nostra mente ha una forza incredibile.
È stato un percorso faticoso ma qualche anno dopo da questa mia nuova consapevolezza, ne sono uscita completamente trasformata sia nell’anima che nel corpo, perdendo oltre sessanta chili.
Quando ripenso a quegli anni molto intensi e faticosi, mi sembra di essere uscita da un arruolamento con i marines, ma nonostante la fatica, con il sorriso e la speranza di chi sa, di stare mettendo in salvo la propria vita, per se stessa, sono uscita per sempre da quel tunnel che per anni mi aveva tenuta in ostaggio.
Il mio modo di vedere la vita ha ripreso ad essere a colori, uscita da qual bianco e nero che aveva caratterizzato sino ad allora il mio modo di vivere.
Oggi guardandomi allo specchio vedo un corpo che porta i segni di chi di esperienze ne ha passate e, con un sorriso compassionevole, riesco finalmente ad abbracciarmi con lo sguardo ed a ringraziare me stessa.
Possiamo fare delle cose incredibili credendo in noi stessi e nelle nostre potenzialità che tutti abbiamo sotto mano ma che a volte non riusciamo a vedere…
La mia esperienza mi ha insegnato che quando si ha un disturbo alimentare come il mio, non lo si può combattere da soli, ma è importante chiedere aiuto a chi ha i mezzi giusti per poterlo fare, solo così facendo è possibile trovare una cura che riconduca verso ciò che sembrava esser perso per sempre “.
Sabrina parla della sua esperienza anche sui social, seguitela!

Obesità: ripartire dall’ascolto
Strategie e percorsi di cura per trattare questa patologia partendo dall’ascolto e dalla relazione.
Non dalla bilancia.
SABATO 4 MARZO 2023 alle 10, insieme a medici, psicologi e pazienti, proviamo a tracciare un possibile percorso di cura che parta dall’ascolto.
Altre Fonti:
Istituto Auxologico, Binge Eating Disorder