Tutti noi almeno una volta nella vita, che sia un per un’influenza o per una visita specialistica, ci siamo rivolti a un medico per ricevere assistenza. Abbiamo descritto i nostri sintomi e i nostri malesseri e il medico ci ha prescritto farmaci, che spesso hanno risolto il problema.
In questo articolo prestiamo ora attenzione al processo decisionale del medico nel prescriverci una cura. Per fornirci un’assistenza ottimale il medico avrà:
- tracciato il quadro clinico in base al problema che gli abbiamo esposto;
- ricordato le ultime evidenze cliniche correlate al nostro problema;
- valutato le opzioni in base al nostro stato di salute e all’esame fisico;
- sfruttato la sua esperienza e le sue competenze personali;
- applicato la ricerca più aggiornata al trattamento o agli interventi da attuare.
Il medico nel prescriverci il farmaco, dunque, avrà unito la propria esperienza personale ai risultati e ai dati provenienti da studi clinici. Questo approccio viene chiamato medicina basata sulle evidenze.

Evidence-based medicine (EBM, medicina basata sulle evidenze)
La medicina basata sulle evidenze (EBM, Evidence-based medicine) è un metodo clinico ideato per portare le informazioni, derivanti dalle ricerche scientifiche, nella cura dei pazienti. Sebbene il pioniere di questo metodo sia David L. Sackett, un medico americano-canadese, che nel 1992 definì questo nuovo paradigma per la pratica della medicina come “l’uso esplicito e coscienzioso delle migliori prove scientifiche nel prendere decisioni nella pratica medica”, fu l’epidemiologo e medico scozzese Archie Cochrane con il suo famoso testo Effectiveness and efficiency (Efficacia ed efficienza) a porre le basi per la nascita di questo nuovo concetto.
Prima dell’introduzione della EBM, nella pratica clinica tradizionale, il medico prendeva decisioni tenendo conto della sua esperienza professionale e quindi su aspetti correlati al suo livello di aggiornamento e dall’affidabilità delle fonti da lui utilizzate.
Con la EBM cambiano i criteri per la valutazione delle ricerche in favore di un atteggiamento più “scettico” dal punto di vista clinico. Seguendo questo metodo infatti, le osservazioni di singoli centri o quelle fatte su un solo paziente perdono via via importanza. Perde inoltre importanza l’esperienza individuale dei medici perché è soggettiva e selettiva, è variabile poiché dipende dalla specializzazione del medico e dalla sua capacità di stare al passo con la mole di pubblicazioni e ricerche pubblicate ogni giorno.
Come tutte le cose, anche la EBM va utilizzata nel processo clinico e assistenziale in modo appropriato, perché il clinico rischierebbe di essere troppo oggettivo e di non tener conto del valore dato dal rapporto medico-paziente. Il medico ha la responsabilità di decidere tenendo conto di tutti i dati disponibili in letteratura e relativi al caso clinico e deve, quindi, essere capace di capire se possano essere pertinenti o applicabili in quella precisa circostanza.
La piramide delle evidenze
Secondo la EBM, l’assistenza al paziente in tutti gli ambiti sanitari deve tener conto in particolar modo dei risultati di studi e lavori scientifici. Gli studi clinici però non sono tutti uguali, non hanno lo stesso valore e non tutti i risultati ottenuti possono essere utilizzati automaticamente per risolvere un problema. Ma allora, come possiamo sapere se uno studio è qualitativamente migliore di un altro? Con la Piramide delle Evidenze, un semplice diagramma che ordina i differenti tipi di studi e analisi in base al grado di accuratezza, affidabilità, ridotti margini di errore e altri fattori statistici.

Figura 1. Piramide delle Evidenze (credits Nurse24)
Ricerca in vitro / Ricerca su animali e Opinioni di esperti
Osservando la figura noteremo che la base della piramide è occupata dalla ricerca in vitro, quella sugli animali e infine dalle opinioni degli esperti. Questi studi vengono eseguiti in laboratorio su cellule e tessuti oppure su modelli animali (in genere topi e ratti). Le cellule coltivate in laboratorio si comportano come fossero organismi viventi e possono fornire molte risposte (ad esempio sulla tossicità di un farmaco); questa ricerca viene definita in vitro. Una volta che gli studi sulle cellule hanno dato risultati positivi o comunque incoraggianti, si prosegue in vivo sugli animali. Siamo quindi soltanto alla fase preliminare, deve essere dimostrata ancora la possibilità di trasferire i risultati nella pratica clinica (cioè, sull’uomo).
Molti non considerano questi due primi gradini come importanti, per cui spesso la vera base della piramide è rappresentata dalle opinioni e dalla considerazione degli esperti di un determinato settore, le quali non sempre sono supportate da una buona ricerca di base. Rappresentano la base della piramide perché queste opinioni non sono basate su evidenze scientifiche, ma su aneddoti ed esperienze personali raccolte durante la pratica clinica.
Ovviamente sono pareri ed esperienze importanti, tuttavia possono essere potenzialmente influenzate da fattori personali (opinioni, convinzioni o in alcuni casi anche posizioni etiche, filosofiche e politiche). Un esempio di “opinione di esperti” può essere l’intervento di un medico famoso a sostegno dell’efficacia di un determinato tipo di alimentazione su una determinata patologia. Si devono sempre considerare queste posizioni con molta attenzione e come semplici opinioni informate di un soggetto, da approfondire eventualmente con risultati più solidi provenienti dalle sperimentazioni cliniche.
Studio su singolo caso (Single-case study) / Studi su serie di casi (Case-series study)
Sopra l’opinione degli esperti troviamo il singolo studio scientifico e la serie di studi che possono darci indicazioni e fungere da spunto per ulteriori ricerche. Dobbiamo però tenere a mente che sono molto distanti dalla cima della piramide e quindi da soli non hanno una forte attendibilità, in quanto molto spesso sono relazioni su sintomi e trattamenti di un singolo paziente o di piccoli gruppi di persone. Un esempio può essere questo studio di Ingstand Kari e colleghi pubblicato sul Journal of Multidisciplinary Healthcare, relativo al coinvolgimento del paziente durante un percorso di riabilitazione domiciliare per anziani.
Studi caso-controllo (Case-control study)
Sono studi osservazionali nei quali un gruppo di persone con una determinata malattia viene confrontato con un gruppo di soggetti aventi caratteristiche simili, ma sani. L’obiettivo di questo confronto sarà quello di valutare a ritroso un’eventuale esposizione a specifici fattori che possano aver causato la malattia. Ovviamente non può essere considerato un tipo di studio ottimo dal punto di vista qualitativo, poiché ampiamente correlato alla memoria dei partecipanti allo studio, nel ricordare eventi passati. Un esempio di studio caso-controllo è quello di Antony MP e colleghi, pubblicato sul Nigerian Journal of Clinical Practice, sui fattori di rischio per carcinoma della mammella tra le donne indiane.
Studi di coorte (Cohort study)
Gli studi di coorte vengono eseguiti su un ampio gruppo di persone per un lungo periodo di tempo. Questi studi vengono condotti per determinare gli effetti a lungo termine (ad esempio di un farmaco, una malattia, uno stile di vita e così via) e cercare di individuare il fattore o la serie di fattori che possa avere influito su determinati cambiamenti. Un esempio può essere uno studio condotto su una popolazione di donne incinte per determinare la correlazione tra modello alimentare materno durante la gravidanza e parto pretermine, come quello realizzato in Cina da Min-Shan Lu e colleghi e pubblicato sul Nutrition Journal.
Studi controllati randomizzati (Randomized controlled trial o RCT)
Ci avviciniamo alla cima della piramide, qui troviamo gli studi randomizzati, ovvero studi in cui uno o più gruppi di persone, scelti casualmente (da qui il termine “randomizzato”), vengono trattate con un farmaco o con un placebo (ovvero una sostanza con le stesse sembianze del farmaco utilizzato nell’altro gruppo, ma senza principio attivo). La scelta casuale di sottoporre o meno una persona alla terapia con il farmaco è efficace, perché permette di avere gruppi eterogenei di persone, che non hanno caratteristiche simili e quindi l’effetto o il non effetto del farmaco verrà attribuito solo a quest’ultimo e non a particolari caratteristiche che accomunano i pazienti (ad esempio una malattia preesistente come l’insufficienza renale). Per avere minori fattori che possano influenzare i risultati di uno studio, oltre alla “randomizzazione” dei pazienti, lo studio può essere realizzato “in cieco”: i pazienti che partecipano non sanno a quale gruppo appartengono (se quello del farmaco o quello del placebo). In alcuni casi la condizione di cieco riguarda anche i ricercatori (in questo caso, si parla di “doppio cieco”). Ovviamente non c’è da preoccuparsi, queste informazioni vengono annotate e inserite in una busta e in caso di effetti indesiderati o problemi di salute vari, l’equipe medica saprà se il paziente appartiene al gruppo placebo o a quello del farmaco e agirà di conseguenza.
Gli studi randomizzati non riguardano solo l’assunzione o meno di farmaci. In questo studio randomizzato, ad esempio, Nalin A. Singh e colleghi hanno studiato l’effetto dell’esercizio fisico sulla qualità e l’attività del sonno. È stato pubblicato sul volume 20 della Sleep Research Society.
Revisioni sistematiche e meta-analisi (Systematic review e Meta-analysis)
Ed eccoci giunti sulla cima! Per parlare di questa tipologia di studi, diamo un’occhiata alla Piramide delle Evidneze (Figura 1). Questi due ultimi gradini della piramide vengono raggruppati sotto la dicitura “INFORMAZIONE FILTRATA”. Le revisioni sistematiche e le metanalisi, infatti, sono tipologie di studi che non forniscono dati nuovi (come tutte gli studi visti in precedenza), bensì raccolgono/filtrano tutte le evidenze scientifiche presenti su un determinato argomento e forniscono un quadro riassuntivo. Sono importanti perché:
- sono il miglior metodo di sintesi di prove scientifiche prodotte in uno specifico ambito;
- sono obiettive e riproducibili;
- forniscono una visione di insieme rispetto al singolo studio;
- permettono analisi dei sottogruppi di persone che partecipano allo studio (ad esempio tutti i soggetti con scompenso cardiaco o con una caratteristica comune);
- sono veloci ed economiche.
La revisione sistematica non è altro che una ricerca bibliografica di tutti gli studi scientifici presenti in letteratura riguardo l’argomento che si vuole trattare. L’aggettivo “sistematica” indica che gli autori della revisione hanno applicato dei criteri specifici per selezionare o scartare articoli presenti in letteratura.
Un esempio di revisione sistematica è quella di Yetian Dong e colleghi relativa ai candidati al vaccino SARS-CoV-2 pubblicata su Nature.
La meta-analisi è una tipologia di revisione sistematica, ma a differenza di quest’ultima non è detto che consideri tutta la letteratura pubblicata. La meta-analisi, inoltre, descrive i criteri di inclusione e di esclusione di ogni studio considerato e tramite una particolare analisi statistica ottiene un risultato che riassume tutti gli studi. Secondo la EBM le meta-analisi degli studi randomizzati costituiscono (insieme agli studi ben disegnati) le basi più affidabili per le raccomandazioni terapeutiche.
Un esempio di meta-analisi è quella pubblicata da Chenyang Zhang e colleghi su Frontiers in Public Health relativa all’efficacia dei trattamenti per la COVID-19.
Fonti
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