Femminilità e sensualità fanno rima con disabilità. È quanto Valentina Tomirotti, nota giornalista, vuole dimostrare .
Una donna che, pur non avendo un fisico “standard”, si piace, mettendo in mostra sé stessa, a volte rischiando di venire accusata d’essere diventata un fenomeno da baraccone.
“Scrivere per me vuol dire camminare, correre, non avere limiti”.
Parla così di sé e della sua professione di giornalista, Valentina Tomirotti, mantovana “ Pepitosa” , come lei stessa ama definirsi, un aggettivo che ha voluto utilizzare anche per il suo blog, una parola particolare che “fa venire in mente qualcosa di prezioso e pieno di luce”, una donna così, come lei”, che convive sin dalla nascita con la displasia diastrofica, una malattia genetica che impedisce la normale crescita degli arti.
La forte consapevolezza del proprio corpo, le cui forme non rispecchiano i canoni comuni, le ha permesso di mettersi a nudo e mostrarsi per ciò che è, una donna.

Quelli che mi fa vedere, in un’atmosfera di amichevole intimità, sono scatti che fanno parte di un servizio fotografico, che la ritraggono in lingerie mentre posa, con sensualità sul suo letto, mostrandosi senza filtri.
Movenze e curve, diverse, che lasciano senza fiato, come la sua sinuosità, mai volgare, che spiazza chi la guarda.
Un corpo che ha un forte impatto su chi è abituato a vedere un certo tipo di curve, un “pugno visivo” per chi la vede per la prima volta.
Una sensazione che è anche l’obiettivo a cui Valentina aspirava di raggiungere attraverso la sua provocazione.
Trovarsi dinanzi ad una fisicità “diversa”, dopo i primi istanti di stupore, come accade per tutto ciò che si discosta dalla “norma” e che per questo suscita curiosità, lascia spazio alla riflessione su ciò che quel corpo nudo vuol comunicare.
Un corpo, che per Valentina diventa il mezzo privilegiato per lanciare un messaggio: “aprirsi al diverso con uno sguardo nuovo, perché femminilità e sensualità non sono prerogative esclusive di un corpo standard”.
“Stimolare ad un nuovo sguardo per aprirsi al dialogo” è questo il focus di Boudoir Disability, “un Progetto che si rivolge a tutte quelle donne che si scontrano con la loro vita in modo diverso e “Portrait de Femme“ la cui ideatrice è Micaela Zuliani che, attraverso la fotografia boudoir, esalta la femminilità in corpi imperfetti, per aprire un dialogo con i ragazzi delle scuole e far conoscere loro la diversità, sensibilizzandoli non soltanto su cosa sia la la disabilità.
Le immagini sono in grado di trasmettere con maggiore incisività rispetto alle parole, avendo un impatto visivo che costringe l’osservatore a vedere ciò che non vuol vedere.
È stato questo il motivo che l’ha spinta a privilegiare la fotografia come strumento di comunicazione, per “mettere spalle al muro” chi, dinanzi ad un corpo “diverso”, preferisce distogliere lo sguardo.
Dall’incontro tra Valentina e Micaela è nato un connubio di intenti, volto a portare avanti la ratio che sottende al suddetto Progetto, con ironia e provocazione, per rompere schemi mentali ormai superati.
Che cos’è il sesso per te?
Il sesso per me è “darsi una prospettiva, è aver voglia di costruire un futuro – afferma Valentina– mentre l’amore è affidarsi, mettersi tra le braccia dell’altro”. “La mia femminilità -mi confessa – è un bilancio raggiunto a fatica: c’erano sempre gli sguardi e le domande di persone incautamente curiose con cui fare i conti. Ma dal momento in cui ho fatto pace con me stessa, ho imparato ad accettare il mio fisico non proprio lineare, giocando ironicamente con esso. Il servizio fotografico è stato il completamento di questo mio percorso interiore, il punto d’arrivo o forse quello di partenza verso una consapevolezza diversa della mia femminilità”.
Sul tema di disabilità e sessualità Valentina ha le idee molto chiare: ” Non sono totalmente a favore delle lotte che si stanno facendo per garantire ai disabili che lo desiderano un assistente sessuale. Secondo me è necessario distinguere il bisogno carnale da quello emotivo: non credo possa risolversi tutto in un atto sessuale. Bisognerebbe invece puntare di più sul farsi conoscere umanamente. Con ciò non voglio giudicare negativamente l’obiettivo per il quale ci si sta spendendo, credo solo si stia sbagliando ragionamento: dire disabilità non deve infatti necessariamente equivalere con il dire “non c’è trippa per gatti”, per significare che non c’è altra alternativa per una persona con disabilità, se non quella di pagare qualcuno che possa soddisfare il suo bisogno sessuale.
Oltre alla disabilità è importante tener conto, a mio avviso, anche della persona.
Hai mai avuto partner con disabilità?
“Non ho mai avuto partner disabili. Sono una donna talmente risolta che la diversità che mi appartiene non è un punto di diversità assoluta– mi dice mentre si guarda allo specchio compiaciuta da ciò che vede. Anche una persona con disabilità può vivere la propria intimità come tutti. Spesso gli uomini con cui ho avuto relazioni, più o meno importanti, si sono chiesti se erano persone normali a stare insieme a me: sì, lo sono!”
Erotismo significa piacere agli altri così come si è, con tutto il nostro vissuto, ma è anche far scattare una visione e non uno sguardo: guardare e vedere sono due cose differenti, e solo se si guarda, si riesce ad andare oltre il fisico, sino ad arrivare all’essenza di ognuno di noi”.
“Solo se si fa scattare una visione e non uno sguardo, si riesce ad andare oltre il fisico”




