Mirella Madeo appena nata è stata colpita da paralisi cerebrale infantile, una malattia tremenda che può colpire il cervello prima durante o dopo la nascita, provocando gravi lesioni cerebrali che possono inficiare gravemente il tono muscolare e le capacità motorie. Sua madre è morta dandola alla luce. Per i medici la piccola avrebbe potuto ambire solo a una vita in stato vegetativo. La storia è andata diversamente. E a raccontarcela è proprio la protagonista.

La paralisi cerebrale infantile è un insieme di disfunzioni del sistema nervoso centrale che impediscono la corretta comunicazione tra cervello e muscoli, anomalia che dà origine a gravi alterazioni del tono muscolare, dei movimenti e delle capacità motorie, alterando l’abilità di muoversi in maniera coordinata ed intenzionale, disturbi che possono anche interessare la respirazione, la funzione intestinale e della vescica, l’alimentazione ed il linguaggio, a cui si associano spesso episodi di epilessia, deficit intellettivo e difficoltà della deglutizione. Conosco da vicino la tetraparesi spastica distonica, una forma di paralisi che coinvolge contemporaneamente la muscolatura volontaria di tutti e quattro gli arti, la rigidità e l’ipertono muscolare, movimenti, cosiddetti involontari, ossia distonie, che sfuggono, come schegge impazzite, al mio controllo.
Da come l’ho descritta, potrebbe sembrare una patologia che non lascia intravedere grandi prospettive di vita, ma non è così.
Convivo da quarantotto anni con la mia malattia, che considero una condizione, ma non un limite. Alla mia nascita, i medici dissero a mio padre che la mancanza di ossigeno subita durante il parto, durante il quale mia madre è morta, aveva danneggiato irrimediabilmente il cervelletto, organo che “sovraintende” il controllo dei movimenti, bruciando inoltre parte delle cellule del cervello deputate al linguaggio e quelle dell’emisfero designato alla funzionalità motoria.
A parere di tutti i neurologi interpellati avrei vissuto in stato vegetativo, senza poter mai camminare, parlare, studiare. Oltre alla riabilitazione motoria ed alla logopedia, non c’era molto altro da fare per tentare almeno di migliorare la mia qualità di vita.
Il sostegno e la tenacia di mio padre e di “mamma” Adriana, sua seconda moglie, che non si sono mai arresi dinanzi alla severità della diagnosi ricevuta, mi hanno fatto diventare una donna pienamente realizzata. E devo dire grazie anche alla materna dedizione di mia zia paterna Dora, che considero una mamma, e che a pochi mesi dalla mia nascita mi ha presa dall’incubatrice accogliendomi amorevolmente in seno alla sua numerosa famiglia.
Sono cresciuta nella concreta consapevolezza delle mie difficoltà che, pur limitando parte della mia quotidianità, non hanno mai avuto il sopravvento sulla determinazione. Mio padre e la sua seconda moglie hanno avuto un ruolo fondamentale nel percorso di ciò che è la “mia normalità”. Maestra elementare e maestra di vita, mamma Adriana mi ha insegnato a parlare, a scrivere, a leggere, a non arrendermi alle evidenze avverse, esortandomi sempre a realizzare i miei obiettivi. Ho frequentato le scuole dell’obbligo, le superiori, conseguendo il diploma linguistico presso un istituto privato (altrove non mi accettavano).
Mi sono anche laureata in Giurisprudenza.
Grazie all’abilitazione all’esercizio dell’attività forense, ho fatto consulenza legale al consultorio familiare pubblico. E dopo essere diventata giornalista pubblicista, ho iniziato a collaborare con diverse testate giornalistiche, raggiungendo l’apice della mia aspirazione professionale.

L’apprensione dei miei familiari per la mia situazione di persona “fragile” non ha ostacolato il mio desiderio di indipendenza. Ho viaggiato molto, facendo tutte le esperienze che fanno le adolescenti della mia età . Oggi vivo a Ravenna, con la mia assistente che mi aiuta nelle attività giornaliere che non posso compiere in autonomia, anche per via del fatto che mi muovo su una carrozzina .
Continuo a coltivare le mie attitudini per la pittura e per la narrativa. Sono autrice di una raccolta di poesie autobiografiche e di numerosi racconti, e porto avanti un blog sull’informazione senza barriere.
Ma la mia più grande passione è la vita!
Vorrei infine rivolgermi ai genitori che ricevono una diagnosi infausta come quella che hanno ricevuto i miei.
Una notizia che non lascia intravedere alcuna prospettiva di un futuro per i loro figli: andate oltre i dati statistici di una valutazione meramente medica, accompagnate i vostri bambini, con amore e perseveranza, in un cammino che certamente sarà in salita.
Non perdetevi d’animo e siate sostenuti sempre dalla convinzione che la speranza apre le porte alla conquista di orizzonti inaspettati!