Ne abbiamo parlato con il Dott. Daniele Belvisi, ricercatore presso il Dipartimento di Neuroscienze Umane della Sapienza di Roma e collaboratore di PMR onlus (Parkinson, disturbi del movimento e ricerca).
Ci sono differenze tra il Parkinson ad esordio tardivo e quello giovanile?

Nella maggior parte dei casi, la malattia di Parkinson esordisce dopo i 50 anni, mentre le forme che esordiscono tra i 21 e 49 anni sono considerate ad esordio precoce. La principale differenza eziologica tra le due forme consiste nell’aumentata possibilità di identificare mutazioni genetiche causative di malattia di Parkinson nelle forme precoci. Infatti, nelle forme tardive, la malattia ha generalmente un’origine multifattoriale, cioè è dovuta all’interazione tra numerosi fattori di rischio. Al contrario, in quelle giovanili è spesso identificata una specifica mutazione genetica che causa la malattia. Dal punto di vista clinico, lo scenario è più eterogeneo. Il cosiddetto Parkinson giovanile può avere caratteristiche cliniche totalmente sovrapponibili rispetto a quelle tardive o, al contrario, possono presentare quadri clinici specifici per la mutazione genetica. Si ritiene che le forme ad esordio precoce siano caratterizzate da una più lenta progressione della disabilità e disturbo dell’equilibrio e da una minor probabilità di presentare disturbi cognitivi.
C’è una differenza nell’approccio e nella risposta alle cure?
L’approccio clinico deve essere individualizzato in base all’età di insorgenza e alle caratteristiche del paziente. Nelle forme ad esordio precoce è necessario integrare la visita neurologica con una valutazione effettuata dal genetista, al fine di procedere ad indagini genetiche guidate dalle caratteristiche cliniche del paziente. Per quanto riguarda l’approccio terapeutico, è necessario considerare che i pazienti con forme precoci sono generalmente sensibili alle comuni terapie antiparkinsoniane ma, in alcuni casi, possono sviluppare le complicanze motorie da levo-dopa (fluttuazioni motorie e discinesie) più precocemente rispetto alle forme tardive. È pertanto necessario valutare l’utilizzo di farmaci dopamino-agonisti o inibitori delle monoamino ossidasi prima di iniziare la terapia con levodopa nei pazienti ad esordio precoce.
Perché è così difficile da diagnosticare?
Le difficoltà diagnostiche possono dipendere da molti fattori. Innanzitutto, a causa dell’età, i pazienti con malattia di Parkinson ad esordio precoce giungono all’osservazione specialistica neurologica più tardivamente rispetto alle forme classiche, con rilevante ritardo diagnostico. Inoltre, la presentazione clinica di questi pazienti può essere atipica rispetto alla malattia di Parkinson ad esordio tardivo. Ad esempio, una distonia dell’arto inferiore (contrazione muscolare protratta), oppure ii classici segni motori parkinsoniani quali rallentamento motorio, rigidità e tremore, possono rappresentare il sintomo d’esordio del Parkinson giovanile.
È importante che medici, pazienti, istituzioni, ricercatori, cargiver e famigliari si adoperino non solo per avere più fondi per la ricerca, aspetto comunque fondamentale, ma anche per ribadire il diritto alla cura.
La speranza di combattere il Parkinson c’è ed è giusto crederci e sperare. Ma non dimentichiamo che i farmaci attuali consentono ai pazienti di vivere una vita sempre più accettabile. Affrontare la malattia con coraggio, senza chiudersi, trovando nuove strategie, come le persone di questa mostra, permette sicuramente di viverla nel migliore dei modi.
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