Continua il nostro viaggio #StoriediParkinson, alla scoperta delle persone che convivono con questa patologia.
Con questa rubrica parliamo di Parkinson e lo facciano attraverso i racconti e le testimonianze dirette di chi vive in prima persona la malattia. Ivana Barberini, giornalista di PERSONE, OLTRE LA MALATTIA, ha raccolto queste storie, una narrazione che parte dall’esperienza individuale ma che si unisce in un’unica voce, quella di un’umanità che soffre ma non smette di combattere.
Vi riportiamo i testi in chiave di medicina narrativa, così come li hanno scritti gli autori e le autrici.
Oggi vi riportiamo il racconto di Giulio Credazzi, che sulla sua vita con il Parkinson ci ha scritto un libro, “La Contesa: Il mio viaggio con la Malattia di Parkinson, quando il corpo è il campo di battaglia“.

Anche se oggi la condizione della Malattia di Parkinson (MdP) mi sembra perpetua, non è sempre stato così, per decenni non ho conosciuto ospedali, medicine, neanche aspirine o mal di testa, qualche infortunio sportivo che da piccolo spariva con pomate analgesiche.
Ho sempre visto il lato più favorevole della vita, pensavo che avrei vissuto come mia madre, mia nonna o mio nonno materni, senza troppi acciacchi, lucidi e longevi, piuttosto che il lato di mio padre morto a 47 anni, mio nonno paterno e i miei zii morti tutti prima dei 70 anni. Non avrei mai immaginato di diventare una persona “malata”, un “Invalido”, per di più di una patologia subdola e molto difficile da gestire e conviverci come la MdP.
Sono un informatico dal 1981, anno in cui cominciai a lavorare alla Banca Commerciale di Londra, dove ci furono i primi approcci con l’informatica, prima di questo, avevo svolto il servizio di prima nomina come ufficiale della Folgore ed avevo fatto il maestro di Tennis nel mio circolo sportivo, nella mia vita ho fatto tanti sport e attività, dallo sci nautico, al Calcio, Tennis e Padel, mi sono impegnato sul territorio per organizzare attività in favore dei piccoli imprenditori, ho perfino elaborato una strategia per eliminare il Debito Pubblico in 24 anni, recuperando 200 miliardi di Euro l’anno per Investimenti, chi fosse interessato all’argomento cerchi su Youtube sul mio canale. La risposta che ho avuto dai politici con i quali ho avuto a che fare è stata sempre la stessa: ”Non te la faranno fare!” Non, che non si può fare.
Ho sempre condotto una vita dai ritmi molto intensi, spostandomi in moto, anziché in auto, una condotta molto stressante, dovuta al fatto che chi ha un problema informatico, vuole che sia risolto ieri, che si tratti della contabilità aziendale o di Facebook, e quando sei un tecnico specializzato, definito “esperto”, il problema del cliente ci mette poco a diventare il tuo.
Poi un giorno del 2018 sono dovuto andare dal mio medico della mutua al quale faccio anche assistenza sui Computer, che oltre ad essere il mio medico è anche un amico di vecchia data, il quale osservandomi camminare esclama: “Ma perché ti trascini la gamba sinistra?” e io rispondo: “Veramente anche la mano sinistra è un po’ rallentata e rattrappita.” Al che mi prescrive una visita neurologica, la risonanza magnetica con contrasto e altri controlli, dall’elettrocardiogramma all’elettromiografia.
Dai controlli è tutto negativo, si fa largo l’ipotesi del Parkinson, ma io non ho tremore, anche se tutti gli altri sintomi sì. Comincio quindi a temere di avere la MdP, della quale non so niente se non che mio zio, fratello di mia madre, l’ha avuta a ottanta anni.

Quando la diagnosi è stata confermata da diversi medici, in modo indipendente, senza dubbi e mi hanno prescritto le medicine alle quali reagivo positivamente, potendo condurre i primi due anni specialmente una vita normale, guidavo la macchina, lo scooter e la moto, senza alcun problema, giocavo a tennis e padel.
Se questa era la malattia, poteva andare, anche se su internet vedevo delle cose terribili riguardo alla MdP (infatti ho smesso di guardarle, anche se ogni persona è un caso a se).
Bisogna dire che qualsiasi patologia grave e invalidante porta ogni persona che ne è colpita a fare gli stessi ragionamenti;
- Perché proprio a me?
- Perché adesso?
- Quale futuro mi aspetta?
- Esiste una via d’uscita?
- Come mi sto relazionando con gli altri?
- Si nota la mia malattia?
- Devo parlarne?
- Faccio pena al prossimo?
- Questo problema fisico deriva dalla mia patologia o è un qualcosa comunque dovuto all’età?
- Perché mi vergogno?
Per chi ha sempre praticato sport e impostato la propria vita con una forte componente sportiva e competitiva, come nel mio caso, si trova ad affrontare una grande frustrazione nel non essere più competitivo a livello agonistico.
Per sdrammatizzare mi sono stampato una maglietta ironica sul mio handicap con la quale invito a non fare smorzate a Padel, perché ho difficoltà a scattare in avanti.
Prima di scoprire di avere la Malattia di Parkinson (MdP) ero sano, chiaramente, prendevo per scontato tante cose nella vita, che ora mi sembrano insuperabili, che semplicemente non mi sento più di fare, che talvolta mi sono veramente difficili come ad esempio alzarmi dalla sedia dopo un tempo prolungato.
Non nego di aver pensato, a volte, di farla finita per abbreviare la sofferenza, per riposare, per non combattere più, al tempo stesso mi rendo conto del fatto che ogni condizione fisica offre delle opportunità che bisogna cogliere, non saranno loro a venirci a cercare.
Queste righe insegnano ad apprezzare ciò che si ha.
Se prese nel verso giusto, consentono di apprezzare il dono di essere sani, alla luce di quanto sto vivendo è importante apprezzare il fatto di poter correre, deglutire, mangiare a piacere, dormire come e quanto vuoi, apprezzando perfino la facoltà di poterti girare liberamente nel letto: ho messo delle funi attorno al letto per alzarmi e dispongo i piedi per ottimizzare la leva.
Il mio non è un invito a godere rispetto alla mia sventura, sarebbe un paradosso, però, se la mia testimonianza può indurre ad apprezzare ciò di cui gode, attribuendo il giusto valore alla vita, alle capacità e le facoltà fisiche di cui dispone, senza dover sperimentare un’esperienza simile alla mia per capirle, tanto di guadagnato.
Questo è un buon contributo a chi mi circonda e sarebbe per me mettere a frutto in una direzione positiva qualcosa che oggi appare essere una mia disgrazia.
Adesso l’handicap fisico per uno che è cresciuto sentendosi dire: “sei bello come er sole” è sicuramente un colpo duro da accettare, me ne farò una ragione.
E’ giunto il momento di digerire, di metabolizzare, questa nuova condizione umana se ancora non l’avessi capito, direi che la MdP sancisce il fatto che gli anni migliori sono alle spalle, oggi ho la sensazione che in fondo la vita sia sempre stata caratterizzata dalla MdP, come quando si andava a scuola, conoscevamo solo quella condizione, o ancora sotto il militare avevamo la sensazione di essere sempre stati soldati.
La vita finora è stata una volata, penso alle cose che ho fatto valorizzandole anche grazie al supporto psicologico. Ora mi ritrovo ultra sessantenne con uno spirito da ragazzo, pieno di aspettative, nonostante una patologia che reputo un incidente di percorso, ho come la sensazione che prima o poi torni ad essere “normale” anche se razionalmente so che non è così.
Vivo pensando, sperando e pregando che si trovi una cura efficace, che possa guarire: lo so, la patologia della MdP non offre spazio in questa direzione.
Però preferisco aver fiducia nel personale medico e i terapisti perché riconosco in loro un impegno genuino per migliorare la qualità della vita che avviene.
In ogni caso la mia speranza se sarà soddisfatta, lo sarà grazie ai medici che fanno ricerca e da chi quotidianamente attua le cure.
È possibile leggere questa storia in modo completo sul libro “La Contesa” disponibile su Amazon.