Il paziente di oggi è prima di tutto Persona e si pone allo stesso livello degli altri protagonisti del mondo della Sanità: nessuna sovrapposizione di ruolo, ma il bisogno di stabilire un dialogo autentico e partecipare ai tavoli nei quali viene definito il futuro dell’assistenza.
Una diagnosi può cambiare la vita. In molti sensi.

Laura Patrucco
Laura Patrucco è farmacista, lavora nella divisione medica di un’azienda farmaceutica, per la quale segue la parte dedicata agli studi clinici.
È stata una diagnosi (di tumore) a fare nascere in lei il desiderio di approfondire il concetto di cura e il significato, anche sociale, che essa riveste per i pazienti e per il mondo delle Associazioni. Il bisogno di conoscenza l’ha spinta a frequentare percorsi di formazione presso enti accademici come EUPATI (l’Accademia dei Pazienti Esperti) e ALTEMS (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica).
E ad esercitare le competenze acquisite partecipando in maniera strutturata alle attività di Associazioni come Gli Onconauti e ROPI (Rete Oncologica Pazienti Italia) ed entrando a fare parte dell’Advisory Board dell’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano e del direttivo di ASSD (Associazione Scientifica Sanità Digitale).
È in atto una rivoluzione della cura e, in questo contesto, l’in-formazione del paziente (ossia il binomio fra informazione e formazione) assume ruolo di catalizzatore del cambiamento. La mia conversazione con Laura Patrucco si svolge proprio attorno a questo punto, per capire come l’acquisizione di nuove competenze può modificare gli scenari dell’assistenza.
I nuovi percorsi della cura
Il concetto di cura è cambiato nel corso degli ultimi anni: sono fiorite opportunità impensabili fino a qualche tempo fa, ma si sono anche aperte sfide impegnative.
Laura, ci spieghi in cosa consistono l’informazione e la formazione del paziente?
“La spiegazione parte dal concetto di salute allargata. Possiamo dire che il ruolo dell’informazione nel promuovere il patient engagement è un vero e proprio esperimento didattico, nel quale l’informazione predispone alla formazione e viceversa, creando una reciprocità virtuosa. In questo contesto, abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale che ponga al centro il valore della cura e dell’assistenza, e non più i servizi erogati dai sistemi sanitari in quanto tali. Parlando di valore, l’esortazione è quella di considerare anche la prospettiva dei pazienti, coinvolgendoli nel dialogo con tutta la filiera della cura. Questo non è un passaggio scontato: richiede un cambio di paradigma verso quella che oggi viene chiamata patient centricity, la centralità del paziente”.
Il patient engagement rappresenta un modello di assistenza sanitaria basato sul coinvolgimento attivo dei pazienti, che partecipano da protagonisti a tutto il loro processo di cura all’interno del Sistema Sanitario Nazionale. Il paziente coinvolto viene così posto al centro del processo di gestione della sua cura (patient centricity).
Credo che tutto questo possa essere attuato attraverso percorsi formativi rivolti a tutti coloro che sono coinvolti nella cura e che interpretino l’innovazione come un’inclusione allargata ai pazienti e alle loro associazioni. Va anche detto che il contributo del terzo settore sta diventando sempre più un valore aggiunto e ce lo ha dimostrato la pandemia”.
Paziente in-formato con un suo ruolo, che non interferisce con quello del medico
In cosa consiste, quindi, il concetto di paziente in-formato?
“È frutto di un’evoluzione che va a toccare tutto il sistema salute e ritrova piena consapevolezza del valore del ruolo di ogni attore, compreso quello del paziente esperto. Parlare di paziente in-formato significa infatti anche attribuirgli un ruolo. Il paziente esperto e consapevole è “a fianco” dei suoi interlocutori, perché “al centro” pone il concetto di inclusione, partendo dal presupposto che ognuno ha il proprio ruolo e nessuno si sostituisce a nessuno”.
Possiamo parlare quindi di sistema salute 4.0…
“A mio avviso sì. Questa è un’espressione che evoca la rivoluzione culturale in atto e che sottolinea il valore terapeutico dell’informazione. Acquisire informazioni, competenze, nel sistema salute deve diventare anche motivo di awareness ed è proprio da qui che nasce il modello della co-creazione, il coinvolgimento del paziente in tutte le fasi dello sviluppo di una cura, dalla ricerca clinica fino al servizio erogato. Una cultura della formazione condivisa diventa anche uno strumento che accorcia le distanze fra il curare e il prendersi cura”.
La formazione come cassetta degli attrezzi per dialogare con tutti i protagonisti della Sanità
Quali obiettivi può raggiungere il paziente grazie agli strumenti acquisiti con la formazione?
“La cassetta degli attrezzi del paziente informato serve a realizzare dei percorsi, che partono dall’alfabetizzazione scientifica fino ad arrivare al valore condiviso, al dialogo fra le istituzioni e il terzo settore, ma anche fra i clinici e i pazienti. Chiaramente c’è bisogno di linguaggi comuni: ed ecco l’importanza di arrivare formati. E non parlo solo per i pazienti ma anche per gli operatori”.
Andiamo verso una nuova filosofia della salute: chi sono i protagonisti di questa realtà?
“È sorprendente che il concetto di filosofia della cura possa diventare un ponte che avvicina la scienza all’umano, dalla ricerca clinica alla tecnologia digitale. In questo senso, il paziente informato è un vero anello di congiunzione. L’espressione informarsi per curarsi è da inquadrare nell’ambito della filosofia del pensiero. Il pensiero viene prima dell’azione e porta ad essa: prima di essere degli operativi dobbiamo essere dei pensatori del valoriale. Nell’ottica della filosofia della cura, tutti gli interlocutori coinvolti diventano sarti della salute, con il concetto di salute vissuto anche come narrazione della cura”.
Un po’ come succede con la medicina narrativa, l’approccio terapeutico che si basa sul racconto e la condivisione delle esperienze di cura ed è finalizzato alla costruzione di un rapporto empatico fra medico e paziente.
“Sì, dobbiamo pensare a dialoghi che si stabiliscono fra Persone prima ancora che fra pazienti. La filosofia della cura vuole affiancare l’advocacy 4.0, che deve richiamare i valori ancor prima dell’operatività. Se si vuole creare fiducia il binomio deve essere formato da etica e umanesimo di cura: quindi, il dialogo condiviso è protagonista di una salute allargata”.
Come possiamo inserire la digitalizzazione in questo quadro?
“Vorrei sottolineare che la filosofia della cura può anche essere orientata alla salute digitalizzata che non escluda la governance di sistema. Ecco che la politica sanitaria diventa anch’essa uno dei protagonisti, perché deve intrecciarsi con l’endorsement multiculturale dei pazienti in-formati. Anche le istituzioni, infatti, devono acquisire consapevolezza sul fatto che tutti i componenti della filiera devono essere protagonisti, in modo che le politiche sanitarie vengano predisposte in maniera realmente partecipata. In filosofia e salute, aggiungerei.
In che modo la comunicazione può contribuire alla costruzione di politiche sanitarie partecipate?
“Per richiamare un concetto che ho già anticipato, ancora una volta la formazione diviene condizione indispensabile per realizzare la piena consapevolezza del significato di un dialogo strutturato, basato sulle competenze e sulla progettualità sanitaria”.
Il ruolo della Patient Advocacy
La Patient Advocacy è una modalità di partecipazione dei pazienti a tutto ciò che riguarda la propria malattia, dalla ricerca alla scelta delle terapie, passando per l’impegno in prima persona nei gruppi di supporto; nata negli Stati Uniti, da qualche anno è approdata anche in Italia.
In che modo può aiutare a costruire dialoghi?
“La Patient Advocacy è uno strumento che aiuta a codificare il bisogno di cura armonizzando il percorso con tutti gli stakeholder. In Italia esistono diversi corsi, tra questi viè quello organizzato da ALTEMS dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in International Patient Advocacy Management.
Questo Master ha messo a disposizione molti strumenti, fra cui una docenza autorevole, in primis vorrei ricordare quella di Teresa Petrangolini, una facilitatrice per antonomasia del dialogo con le Associazioni. Corsi di formazione come questo sonodei veri generatori di valori, sia in termini di evoluzione sia di crescita per l’anima e il corpo delle Associazioni. C’è sempre più bisogno che esse si strutturino per essere affiancate a tutti gli altri interlocutori. È chiaro che il cammino per arrivare al pieno coinvolgimento di tutti gli stakeholder e all’ascolto da parte dei policy maker è ancora lungo, ma da qualche parte bisogna pure iniziare…”
Il Master quali strumenti fornisce in concreto?
“Per me questo Master è stato un percorso “multicomprensivo” e trasversale, che ha trasferito il senso di vero management che vuole avvicinare sempre di più il mondo associativo a quello della Sanità che eroga servizi per la Persona. Le politiche possono diventare partecipate se si acquisisce la forza di un dialogo strutturato, progettato sulla base di competenze e al contempo che si ponga come una sorta di innovazione sociale”.
Per approfondire
Gli Onconauti è un’Associazione che fornisce supporto alle persone che hanno sconfitto il tumore, i cosiddetti cancer survivor, ma che devono affrontare un faticoso percorso verso la guarigione completa. Si occupa di sviluppare percorsi innovativi di riabilitazione, finalizzati al recupero del benessere e al miglioramento dello stile di vita
ROPI è una Rete di Associazioni di pazienti oncologici presta servizi alle associazioni di pazienti oncologiciper promuovere, coordinare e supportare le loroattività. Si propone di predisporre un’informazione certificata e una formazione specifica dei pazienti.