Le persone non vogliono più mettersi gli occhiali. O meglio, se devono farlo a 50 anni, la cosa è meno accettabile che farlo a 30. E anche se la presbiopia avanza (la progressiva incapacità dell’occhio di mettere a fuoco oggetti da vicino, legata all’avanzare dell’età) si cerca di ritardare il momento in cui comprarsi gli inguardabili occhialini “da presbiti” che si trovano anche al mercato. Si allontana il telefonino o il menu del ristorante per leggerlo meglio. E quando la lunghezza del braccio non è più sufficiente, si va dall’oculista. In effetti, secondo una ricerca di Euromedia Research, il 75 % degli italiani associa vecchiaia e presbiopia, il 43 cambia stile di vita in seguito alla sua insorgenza ma solo 1 su 2 è a conoscenza che esistono interventi per correggerla. Anche perché la presbiopia va corretta, non ci sono alternative a meno che non si decide di rimanere con una vista sfuocata che non potrà che peggiorare. Il punto è che gli occhiali non sempre funzionano, ci sono quelli che si comprano al mercato pochi euro e quelli più sofisticati che costano anche centinaia di euro (che non tutti possono permettersi) e gli interventi che sono più risolutivi hanno dei costi di una certa entità e non sono coperti dal Servizio Nazionale. Se fino a qualche decina di anni fa le persone erano ben disposte a portare gli occhiali, oggi questi non sono più sufficienti perché non sempre in grado di soddisfare le esigenza di vista di una popolazione che invecchia sempre di più e vuole rimanere attiva.
Se ne è parlato la scorsa settimana a Milano ad un convegno dedicato alla presbiopia a cui ha preso parte il dottor Lucio Buratto, uno dei massimi esperti mondiali nella cura delle patologie oculari, nella chirurgia del segmento anteriore dell’occhio e nella correzione dei difetti visivi e fondatore del Centro Ambrosiano Oftalmico di Milano.
La presbiopia
Se non corretta, la presbiopia può avere un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti. La prevalenza e la gravità della presbiopia aumenta con l’età, con circa l’85% delle persone di età pari o superiore a 40 anni che sviluppano la presbiopia. Quindi, forse non interessa il 100% della popolazione, ma 8 persone su 10 ne saranno colpite.
Nel 2015, è stato stimato che 1,8 miliardi di persone in tutto il mondo soffrissero di presbiopia e si prevede che la prevalenza raggiungerà il picco di circa 2,1 miliardi nel 2030. La presbiopia non corretta, ha un impatto sostanziale sulla qualità della vita, indipendentemente dalla natura delle attività quotidiane svolte: la dipendenza dagli occhiali è una delle principali cause di perdita della qualità della vita nelle persone di età superiore ai 45 anni.
Tra i fattori di rischio, oltre all’età, c’è anche la presenza di determinati difetti visivi: se la miopia in qualche modo può rallentare l’arrivo della presbiopia, altri difetti come l’ipermetropia possono invece accelerarne l’arrivo.
Come si può correggere la presbiopia
Gli occhiali progressivi o bifocali sono quelli più utilizzati, ma spesso sono associati a sfocatura periferica, campo visivo ristretto e ridotta percezione della profondità, e sono stati collegati a un aumentato rischio di cadute negli anziani. Le opzioni di lenti a contatto possono essere difficili da mantenere a causa dello sviluppo dei sintomi dell’occhio secco legati all’età e della ridotta destrezza manuale. Altri metodi correttivi prevedono interventi laser che modificano l’ottica della cornea, interventi chirurgici che sostituiscono il cristallino o tentano di ripristinare l’accomodazione. I pazienti sottoposti a intervento chirurgico riportano generalmente risultati soddisfacenti dopo l’intervento. Attualmente si stanno studiando terapie non invasive con nuovi meccanismi d’azione come il collirio UNR844, di cui potremmo vedere i primi dati degli studi quest’anno.
L’intervento chirurgico che sostituisce il cristallino pare essere la soluzione migliore: si aspira il cristallino naturale e lo si sostituisce con una lente multifocale che, oltre a risolvere la presbiopia, corregge altri difetti visivi pre esistenti. Ma al momento non è coperto dal servizio sanitario nazionale che copre solo l’intervento di cataratta, una patologia che insorge intorno ai 60 anni e che riguarda l’opacizzazione del cristallino, la lente naturale dell’occhio, e viene trattata con l’asportazione dello stesso e l’inserimento di una lente che di solito è monofocale, non ha potere accomodativo ma consente di risolvere, oltre al problema della cataratta, anche un difetto refrattivo preesistente. Queste lenti però non sono personalizzabili e pertanto non risolvono tutti i problemi refrattivi che può avere una persona che quindi, dopo l’intervento che ripristina la funzione del cristallino, potrebbero ritrovarsi a dover indossare gli occhiali per altri problemi visivi. I cristallini multifocali, invece, proprio come le lenti multifocali degli occhiali, consentono di correggere in una mossa sola sia i problemi di visione “da vicino” che i problemi di visione “da lontano”. Il punto è che il SSN passa solo la lente monofocale e solo per la cataratta, “La presbiopia non è considerata una malattia per il SSN – afferma Buratto – e quindi, essendoci la possibilità di indossare gli occhiali, la sanità non copre l’intervento che in realtà sarebbe molto più risolutivo degli occhiali da vista, che non vanno sempre bene a tutti”.
Le persone non vogliono più indossare gli occhiali
Secondo la ricerca di Euromedia Research che ha riguardato un campione di 200 persone tra i 40 e i 60 anni di età, rappresentativo della popolazione italiana, a cui sono stati somministrati questionari per capire come considerassero la presbiopia e l’eventualità di correggerla, il 24,5% degli intervistati, pur dichiarando di conoscerne il significato, ha fornito una descrizione errata del termine presbiopia. Una persona su dieci non sa cosa sia la presbiopia. Il 75% degli intervistati associa la presbiopia all’invecchiamento. Una persona su due ha ammesso che la presbiopia ha un impatto da un punto di vista psicologico, mentre il 45% delle donne ha affermato di avere avuto anche un impatto significativo dal punto di vista sociale, mentre per gli uomini questa percentuale si abbassa: “Le donne patiscono di più l’insorgenza della presbiopia – ha commentato Alessandra Ghisleri, direttrice Euromedia Research – soprattutto in quelle che non hanno mai portato gli occhiali prima: siamo in un periodo in cui arriva anche la menopausa, il corpo della donna cambia e quell’occhiale da indossare è come una sottolineatura finale del fatto che si sta invecchiando. Gli uomini danno meno peso a dover indossare gli occhiali, anche perché non vivono le stesse trasformazioni della donna. Una trentenne che deve indossare gli occhiali può sentirsi interessante, a 50 anni ti senti vecchia”.
“Oggi, la fascia di età tra i 45 e i 65 anni è infinitamente più attiva rispetto a qualche generazione fa: le persone fanno sport, sono dinamiche, sono molto attente alla prevenzione ed alla cura della propria persona. Perché – si chiede Buratto – dovrebbero sentirsi vecchie quando non lo sono? Perché rinunciare alla propria autonomia o sentirsi limitate ogni volta che si apre il cellulare o si legge qualcosa? Senza considerare che gli occhiali sono come le stampelle: delle protesi. Quando si lavora, si svolgono le comuni attività personali e famigliari, oppure quando si praticano degli sport, è sempre meglio vedere con i propri occhi. Lenti a contatto o occhiali aiutano, certo, ma non equivalgono. Il secondo beneficio nel trattare la presbiopia è più sottile e riguarda il benessere personale. Proprio perché hanno uno stile di vita dinamico e sportivo, ‘i giovani presbiti’ non devono rinunciarci. Ma la necessità di dover mettere e togliere gli occhiali e il velo di tristezza di chi si sente invecchiare potrebbe portare ad uno stile di vita meno attivo e più sedentario”.
L’impatto emotivo della presbiopia
Liquidare il fenomeno pensando che gli occhiali aggiustino tutto è vedere solo una parte del problema. Se infatti la presbiopia non è un disturbo grave come la cataratta, può avere un impatto emotivo considerevole sugli individui, anche quelli che portano gli occhiali. Uno studio pubblicato nel 2020 ha analizzato l’impatto della presbiopia raccontato sui principali social dagli utenti di Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito e Giappone. Ciò che è emerso (pur considerando tutti i limiti di un’analisi come questa) è il dover chiedere aiuto agli altri per svolgere determinate attività, la sensazione di vergogna o imbarazzo, la sensazione di paura, depressione e isolamento.