Partire dai bisogni reali dei pazienti per definire gli studi clinici. Dovrebbe essere la norma, e invece è un’eccezione. Ad oggi infatti buona parte della ricerca clinica non serve a migliorare la qualità di vita delle persone, ma è solo fine a se stessa oppure “utile” a trovare farmaci più sicuri, ma non certo innovativi. Sono pochi gli studi sull’esperienza del paziente, su come migliorare la qualità di vita di chi convive con una malattia.
Muovendo da queste premesse, Il gruppo Cochrane Sclerosi Multipla e Malattie Rare del Sistema Nervoso Centrale (MSCRG), in collaborazione con il Cochrane Neurological Sciences Field (CNSF)ha lanciato un’indagine internazionale per definire le priorità su cui dovrebbe concentrarsi la ricerca clinica nell’ambito della sclerosi multipla, tenendo conto delle esigenze di pazienti, caregiver e operatori sanitari, e i cui risultati sono stati pubblicati recentemente sulla rivista Multiple Sclerosis and Related Disorders
Cosa è venuto fuori?
Che la ricerca dovrebbe rispondere ad almeno 24 aree grigie che non hanno ricevuto adeguata attenzione dal mondo della ricerca e di queste gli autori ne hanno indicate cinque, scelte grazie alla survey internazionale:
- “La risonanza magnetica aiuta a prevedere il peggioramento della disabilità delle persone con SM? Detto più semplice: le risonanze cui si sottopongono ogni sei mesi i pazienti con SM servono davvero o sono uno spreco di soldi e tempo?
- “Quali sono i benefici e i danni del trattamento delle Persone con Sclerosi Multipla dei diversi farmaci usati per questa patologia? Mancano in effetti studi di confronto tra i farmaci
- “L’assistenza multidisciplinare con professionisti sociali e sanitari migliora i risultati e le esperienze di salute delle persone con disabilità?”
- “La salute psicologica influisce sulla progressione della malattia nelle persone con disabilità?”
- “Quali sono i benefici e i danni dell’esercizio fisico per chi ha la SM?
Definire i quesiti clinici in questo modo non solo aumenta il valore della ricerca, ma riduce anche gli sprechi. Queste priorità sono state definite anche grazie al coinvolgimento dei pazienti, che in effetti sono stati i più numerosi a partecipare.
L’iniziativa offre una prospettiva mondiale sulle domande di ricerca percepite come cruciali da un campione geograficamente rappresentativo di molteplici stakeholder nel campo della SM. I risultati dell’indagine potrebbero guidare la definizione delle priorità della ricerca sugli interventi farmacologici e non farmacologici che potrebbero essere significativi e utili per le persone con SM e per chi se ne prende cura, evitando la duplicazione degli sforzi e gli sprechi nella ricerca.
Le revisioni sistematiche di alta qualità, ottenute da esercizi di definizione delle priorità come questi, possono offrire le migliori evidenze disponibili e informare le decisioni degli operatori sanitari e dei decisoria politici.
L’importanza delle revisioni sistematiche
Per chi mastica di Evidence Based Medicine sa che le revisioni sistematiche sono la punta della piramide delle evidenze, sono le fonti di qualità maggiore perché riassumono le migliori evidenze disponibili, mettendo in comune i risultati di singoli studi per rispondere a specifiche domande di ricerca sui benefici e i danni degli interventi sanitari.
La Cochrane promuove un processo decisionale sulla salute informato sulle evidenze per la pratica clinica e la politica sanitaria, producendo revisioni sistematiche (SR) di alta qualità, rilevanti e accessibili.
Le revisioni sono utili quando la ricerca clinica è allineata ai bisogni, le aspettative e i valori delle persone affette dalla patologia.
Ecco perché è importante definire le priorità della ricerca, perché si facilita una maggiore coerenza tra la ricerca e le esigenze di coloro che ne sono maggiormente colpiti.
Molti gruppi di revisione Cochrane adottano un approccio sistematico all’identificazione degli argomenti prioritari per le SR, coinvolgendo l’opinione pubblica, le persone affette dalla patologia, i caregiver e i loro rappresentanti, professionisti del settore sanitario, responsabili politici e altri decisori in campo sanitario.
La definizione delle priorità nella ricerca clinica

La ricerca clinica si è sempre (o quasi sempre) basata su quesiti posti dal ricercatore, secondo il suo punto di vista. Non si prende mai in considerazione il punto di vista del paziente.
Come spiega Maria Grazia Celani, prima autrice dello studio, presidente Associali (Associazione Alessandro Liberati, la Cochrane italiana) e membro della Cochrane Neurological Sciences Fields: “La ricerca farmacologica oggi si basa più sulla sicurezza dei farmaci che sull’innovazione, c’è una specie di plateau sulla produzione di nuovi farmaci: oggi più del 90% della ricerca prodotta è una ricerca purtroppo “spazzatura”, perché non prende in considerazione l’obiettivo dei pazienti. Si studia la morte per disabilità, anziché la disabilità stessa. L’interesse del paziente non viene considerato: la sua volontà è quella di migliorarsi e di tornare ad essere quello che era prima, o comunque di raggiungere una buona qualità della vita; il neurologo invece ha altri quesiti clinici, come valutare la scala neurologica, il miglioramento della forza del braccio, tutti aspetti relativi al “funzionamento” dell’organismo, piuttosto che ai bisogni della persona che convive con quella malattia”.
Da un punto di vista statistico non è facile aggregare studi che valutano variabili così ampie come l’aumento della qualità della vita, e quindi valutare la forza del braccio diventa più semplice: “Oggi le cose stanno lentamente cambiando – riprende Celani – e la quality of life (QOL) diventa un obbiettivo importante, anche se quasi sempre secondario, nella ricerca clinica”.
Nel disegno dei nuovi trial occorre quindi concentrarsi non solo sui quesiti di medici e ricercatori, ma anche dei pazienti. “Non pensiamo mai alla sofferenza del percorso di malattia – riprende la ricercatrice – non pensiamo mai alla preoccupazione del bambino nell’assunzione di un determinato farmaco, mentre questo potrebbe essere un problema fondamentale. Abbiamo scelto la sclerosi multipla perché è un ambito molto complesso, anche dal punto di vista della ricerca farmacologica: c’è molta competizione tra le industrie nel trovare il farmaco più innovativo e purtroppo non ci sono studi di confronto di farmaci. E allora si mette in commercio il farmaco più malleabile, magari uno che agisce sui sottogruppi della malattia. Ma non ci sono studi di confronto e questi farmaci in generale sono molto costosi. Nel nostro paese sono coperti dal Sistema Sanitario, in altri paesi i pazienti pagano di tasca propria, e non tutti possono permetterseli”.
La ricerca
Il progetto di questa ricerca è iniziato nel maggio 2020 con la formazione di un gruppo di lavoro per la definizione delle priorità, chiamato Priority Setting Exercise Working Group (WG) comprendente membri del MSCRG, del Cochrane Neurological Sciences Field (CNSF) e del Gruppo geografico affiliato a Cochrane Italia.
Il gruppo di lavoro ha nominato un gruppo direttivo internazionale multi-stakeholder, che comprende clinici e ricercatori esperti di SM, un metodologo, uno specialista dell’informazione, un rappresentante della Federazione Internazionale della SM (MSIF) e una persona con SM.
Questo gruppo ha definito l’ambito del progetto, ha selezionato e perfezionato un elenco provvisorio di argomenti prioritari.
“Per identificare queste aree grigie/quesiti clinici su cui praticamente non esiste ricerca clinica – ha spiegato Celani – abbiamo rivisto tutte le linee guida e tutti i percorsi diagnostici e terapeutici assistenziali: ne abbiamo trovate 24. Dopo ulteriori discussioni, ne sono state selezionate 16”.
Eccole:

Sulla scelta di queste domande si è vista in maniera inequivocabile quanto siano differenti, ed entrambi importanti, i punti di vista di medico e paziente: “Io come medico volevo inserire il quesito sulla differenza tra l’uso di cortisone orale o per via intravenosa, mentre un paziente ha chiesto di inserire il quesito su come la salute mentale potesse impattare sulla progressione della malattia. Un quesito essenziale a cui io come medico non avrei mai pensato. E infatti poi nelle cinque domandi finali è stata inserita la domanda del paziente!”.
I sedici questisi sono stati inseriti in una survey online lanciata in 12 lingue e 55 paesi in tutto il mondo. Hanno risposto 1190 persone, di cui 75% pazienti e 25% medici/ricercatori. Nel sondaggio si chiedeva di identificare e classificare 5 delle 16 domande come ad alta priorità e di fornire una spiegazione.
Come detto, le cinque domande più selezionate hanno riguardato:
- L’utilità della risonanza nella SM
- L’utilità del team multidisciplinare nella presa in carico della SM
- L’impatto del disturbo psicologico sulla progressione della malattia
- Se l’attività sportiva ha qualche tipo di vantaggio per chi soffre di SM
- La necessità di confrontare l’efficacia dei farmaci usati per trattare la SM
Sono cinque quesiti a cui la ricerca clinica sulla SM non ha mai risposto e cui medici, ricercatori e pazienti chiedono attenzione.
Sarà pronto il mondo della ricerca (profit e non profit) a cogliere questo appello?