Nel nostro paese la fibromialgia non ha ancora ottenuto il riconoscimento, sia in ambito medico che sociale. Il termine fibromialgia deriva dal latino e indica sia i tessuti fibrosi, come i tendini e i legamenti (fibros), sia quelli muscolari (mya) unito ad algos (dolore), infatti essa è una patologia reumatica extra-articolare riconosciuta dall’OMS nel 1992 e caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso, ma anche da profondo senso di affaticamento.
Ha una prognosi in genere benigna, perché non degenera in una malattia irreversibile, però può essere altamente invalidante e colpisce il 2-4% della popolazione, prevalentemente donne in età giovane-adulta.
La cura per questa patologia non comprende solo quella basata sull’utilizzo di farmaci come quelli analgesici, i miorilassanti o gli antidepressivi, ma è previsto anche un approccio educazionale, che risulta importante perché da qui si parte per intraprendere un percorso personale, terapeutico e psicologico.
Fondamentali sono anche una corretta alimentazione, l’esercizio fisico e le tecniche di rilassamento.
La fibromialgia in Italia non è inclusa negli elenchi ministeriali delle patologie croniche e non è dunque inserita nei LEA cioè i livelli essenziali di assistenza, questo vuol dire che i pazienti non possono aver diritto all’esenzione dei ticket per le prestazioni specialistiche, per i farmaci che devono assumere e per ogni terapia che devono intraprendere.
Fibromialgia: riconoscimento medico e sociale
La fibromialgia in Italia non è stata ancora presa in considerazione dal punto di vista legislativo, per essere inserita fra le patologie croniche, di conseguenza non è inclusa nei livelli essenziali di assistenza (LEA). Questo si traduce nel fatto che il paziente non può usufruire del diritto di esenzione dei ticket per le prestazioni specialistiche, per l’acquisto di farmaci e per ogni terapia in generale.
Questo ritardo nel riconoscimento di questa patologia a livello ministeriale, porta anche ad ostacoli nell’ottenere le tutele previste per invalidità civile, causando importanti ricadute socio-sanitarie ed economiche.
Una proposta di legge sta proseguendo il suo iter in Senato, però nel frattempo gli unmet needs di questi pazienti rimangono privi di soluzioni.
Il 20 ottobre del 2021 il ministro Speranza ha dichiarato che “la Commissione nazionale per l’aggiornamento dei LEA e per l’appropriatezza del SSN è impegnata nell’esame e nella valutazione della richiesta di inserimento della fibromialgia nei LEA”, e nelle relative prestazioni specialistiche ed ambulatoriali idonee per il monitoraggio della malattia da porre in regime di esenzione, inoltre sempre in questa occasione è stato affermato che questa patologia è da tempo oggetto di segnalazioni di atti parlamentari volti a chiedere una maggior attenzione da parte delle istituzioni e della classe medica.
Qualsiasi visita, qualsiasi farmaco, qualsiasi prestazione medica, compresa la visita per accertare la diagnosi di malattia, è a carico totale del paziente e per curarsi bisogna pagare di tasca propria.
Il problema è che queste persone, proprio a causa della malattia, spesso non riescono a lavorare e almeno il 50% dei pazienti, che presenta la malattia in forma grave, perde il lavoro; infatti la progressione della malattia e dei sintomi dapprima porta il malato a chiedere un cambio di mansioni, ma in alcuni posti di lavoro si arriva alle dimissioni o al licenziamento perché giudicati come lavoratori che si atteggiano da malati immaginari e ipocondriaci.
La legge sull’invalidità civile e la Legge 104 vengono riconosciute in pochissimi casi e la maggior parte delle volte a causa di patologie concomitanti che fanno il vero ago della bilancia.
La SIR ( Società Italiana di Reumatologia) assieme a AISF ( Associazione italiana Sindrome Fibromialgica) stanno lavorando per far sì che la fibromialgia possa essere valutata dalla Commissione per l’aggiornamento dei LEA e ottenere il giusto riconoscimento.
Bisognerebbe ottenere almeno un codice di esenzione per malattia cronica invalidante che garantisca l’accesso all’accertamento diagnostico e a un follow-up semestrale per i pazienti.
Riconoscere la diagnosi di sindrome fibromialgica non significa riconoscere a tutti una severa invalidità, perché sarà la commissione che giudicherà con criteri oggettivi l’impatto che la malattia ha sul singolo paziente.
È importante raggiungere questi obiettivi per garantire un adeguato trattamento a chi è affetto da fibromialgia, in modo che possono avere una qualità di vita accettabile dal punto di vista psico-fisico e che permetta allo stesso tempo di conservare il proprio posto di lavoro.
Cos’è la fibromialgia?
La fibromialgia è una sindrome, un insieme di segni e sintomi clinici che interessa almeno due milioni di persone in Italia e colpisce prevalentemente giovani donne.
Si tratta di una patologia estremamente invalidante che può essere gestita con un approccio medico multidisciplinare, ma per la quale non esiste una cura risolutiva.
Il sintomo principale è il dolore cronico muscolo-scheletrico, intenso e spesso diffuso a tutto il corpo.
Chi è affetto da fibromialgia tende ad avere dolore un po’ dappertutto.
Ma questo non è l’unico sintomo, infatti si sommano anche:
- stanchezza
- facile esauribilitá muscolare
- sonno disturbato e poco ristoratore
- alterazioni neurocognitive
- cefalea muscolotensiva
- disturbi legati al sistema nervoso autonomo
- secchezza oculare
- disturbi gastrointestinali
La diagnosi di questa malattia non è di facile individuazione, spesso il medico di medicina generale manda questi pazienti dagli specialisti e considera i sintomi solo singolarmente e non con una visione d’insieme, tutte queste visite a spese del paziente ovviamente.
Lo specialista di riferimento è il reumatologo che pone una diagnosi differenziale con una serie di patologie neurologiche ed endocrinologighe come le tiroiditi, l’ipotiroidismo e le malattie autoimmuni.
In Italia ci sono solamente 19 centri in grado di diagnosticare e trattare la fibromialgia.
Per ottenere una diagnosi di fibromialgia attualmente ci si basa su criteri diagnostici internazionali aggiornati nel 2018 e si tratta di una diagnosi prettamente clinica, in quanto non sono disponibili, allo stato attuale, biomarcatori diagnostici o tecniche di neuroimaging in grado di confermare la presenza della patologia.
Per quanto riguarda la terapia non c’è solo quella farmacologica che fa uso di analgesici, miorilassanti, antidepressivi, ma esiste anche un approccio educazionale che risulta essere molto importante, perché da qui si parte per intraprendere un percorso personale, terapeutico e psicologico. Fondamentali sono anche una corretta alimentazione, l’esercizio fisico e le tecniche di rilassamento.
Il paziente deve essere consapevole che ogni parte di questo percorso è da seguire e da non sottovalutare.
In attesa che le persone affette da fibromialgia vedano finalmente riconosciuti i loro diritti e i LEA, iscriviti alla newsletter per rimanere aggiornato sui passi avanti nel riconoscimento della fibromialgia e per leggere le esperienze di chi combatte ogni giorno con questa malattia.
Fonte
Fibromialgia, questa illustre sconosciuta, OMAR – Osservatorio Malattie Avanzate