Il “Modello Sardegna”, sulla concreta attuazione della legge 162, vigente in ambito di realizzazione di “Piani Personalizzati” di assistenza alla persona con disabilità, nasce venti anni fa, dalla coprogettazione e dalla partecipazione reale delle famiglie di persone con fragilità e la co-responsabilità delle istituzioni locali e degli stessi interessati in prima persona.
Persone al centro, con la partecipazione delle istituzioni, delle famiglie ecc…, finalizzata alla pianificazione di progetti personalizzati, partecipati.
Ci sono 500.000 progetti individualizzati e 2 milioni di euro annui destinati a tal fine.
Per poter accedere ad un un progetto di vita indipendente, al contrario di quanto previsto in altre regioni italiane, non ci sono limiti di età, l’essenziale è essere in possesso della certificazione di invalidità.
Sono 44.000, ad oggi, le persone che usufruiscono di questi progetti, permettendo alle famiglie di prendersi cura dei propri cari, con i giusti supporti.
Chi ha avuto un progetto personalizzato nel 2001, gode a tutt’oggi di un budget che consente di dare stabilità e continuità allo stesso.
La Sardegna è un esempio virtuoso, che ha investito maggiormente in servizi sociali, rispetto a taluni territori del nostro Paese.
Un altro segmento che si colloca all’interno della progettazione personalizzata, è il progetto “ritornare a casa”, che conta attualmente 44.300 persone con disabilità gravi, come ad esempio quelle con Sla, che vivono in famiglia con i dovuti supporti.
In Italia sono solo 8400 i progetti di vita indipendente, ancora troppo pochi rispetto all’entità dei finanziamenti ricevuti.
In questi anni si ha avuto modo di constatare che la spesa pubblica necessaria per sostenere un progetto di vita in un ambiente diverso da un istituto, è molto al di sotto, se messa a confronto con quella sostenuta per un ricovero della persona in struttura.
IL PUNTO DI PARTENZA

“Si è partiti – ricorda la dottoressa Francesca Palmas Responsabile Centro Studi ABC – da situazioni di persone con gravità estreme, dalla solitudine delle persone e delle famiglie, dalla mancanza di servizi e sostegni adeguati, dalla non possibilità di scelta, costretti alla delega in bianco alle istituzioni, dove l’unica risposta era l’istituzionalizzazione. In particolare, le famiglie dei “gravissimi” volevano migliorare la qualità di vita dei loro figli con disabilità e la loro, con servizi “su misura”, dei quali volevano essere co-decisori, puntando al pieno sviluppo del loro potenziale, valorizzando la risorsa famiglia, il territorio e la comunità, per una società inclusiva, contrastando in tal maniera la discriminazione e la segregazione dilaganti nelle strutture di ricovero.
E’ dal 2000 – prosegue – che in Sardegna sempre più persone con disabilità grave e gravissima ed i loro familiari, insieme alle organizzazioni che li rappresentano, sono coinvolti in un processo di partecipazione per la costruzione di servizi a loro dedicati; un modello di partecipazione, co-progettazione e personalizzazione, in cui operano per i diritti dei propri figli, per costruire una società che permetta a tutti di scegliere dove e con chi vivere, in famiglia o con percorsi di vita indipendente, nel proprio territorio e comunità, evitando ogni forma di istituzionalizzazione, segregazione o discriminazione, con una ricaduta di benessere e vantaggio per tutti, rendendo la società della nostra Isola più inclusiva e migliore. Un processo irreversibile, dal quale non è più possibile né pensabile tornare indietro.
Quella della Legge 162 non è tuttavia l’unica misura basata su questo modello personalizzato.
“Ritornare a casa Plus (RAC) prevede altresi ulteriori sostegni a domicilio per persone con disabilità gravissima (ad esempio SLA) , in gestione indiretta come per i piani personalizzati della Legge 162/98.
FINANZIAMENTI DEI PROGETTI
“Sono ammessi fino a tre livelli di finanziamento annuo cumulabili – continua la sua disamina la dottoressa Palmas – che vanno da 20 mila euro fino a 63 mila euro, sempre alternativi a qualunque forma di istituzionalizzazione.
Il numero di questi progetti attivi sul territorio è di circa 3.850.
In totale, la Regione Sardegna ha investito in piani personalizzati e co-progettati per le persone con disabilità grave – legge 162 e ritornare a casa – circa 180 milioni di euro, creando circa 20.000 posti di lavoro su tutto il territorio regionale (e conseguente relativa emersione del lavoro nero)”.
COME SI ARTICOLA UN PIANO PERSONALIZZATO
“I criteri sono stati elaborati dalla Regione Sardegna, col contributo della Commissione consultiva istituita con decreto assessoriale, composta da rappresentanti dei Comuni, della ASL, e rappresentanti del terzo settore.
È sempre prerogativa della Regione disciplinare le modalità di realizzazione di piani personalizzati, gestiti anche in forma indiretta dagli stessi soggetti che ne facciano richiesta, con verifica delle prestazioni erogate e della loro efficacia da parte – e in collaborazione – con l’ente locale.
Dai moduli di predisposizione del piano emerge il primo dato del progetto, quello della situazione di “gravità” del destinatario (scheda salute), dalla quale si rilevano le condizioni di autonomia e relazione, attraverso descrizioni e informazioni anche di tipo sanitario con certificazioni mediche collegate, fornite dalla persona/famiglia, co-firmato dal medico di base o specialista.
Il secondo elemento (scheda sociale) prevede la descrizione della situazione familiare, il carico e la programmazione dell’intervento con relativo piano di spesa per realizzarlo”.
“Gli interventi – precisa ancora – vanno dall’assistenza generica a quella educativa, compresi interventi di socializzazione e sportivi.
La famiglia e la persona con disabilità possono gestire direttamente il servizio e scegliere l’operatore di fiducia.
Un punto di forza che distanzia questo tipo di intervento dal vecchio modello assistenzialistico, è infatti relativo alla gestione del piano che, oltre che essere gestito in forma diretta dal Comune (il servizio sociale si preoccupa della scelta del personale del suo inquadramento e di tutti gli aspetti burocratici) può anche essere gestito in forma indiretta per il Comune, diretta dalla famiglia, ossia è la famiglia, o la stessa persona con disabilità grave che può rappresentarsi da sola ed a scegliere il personale di sua fiducia, spesso formato dalla stessa famiglia o da esperienze di volontariato offerte in ambito familiare, per la realizzazione dell’intervento; per tutti gli adempimenti burocratici legati all’assunzione del personale ci si può avvalere di una cooperativa sociale, o gestire tutto con contratti di lavoro domestico”.
“E proprio dall’esperienza con le famiglie che è emersa la possibilità della scelta e assunzione dell’operatore rappresenta una garanzia della qualità del servizio alla persona, in molti casi fattore determinante nella decisione di voler realizzare un piano personalizzato”.
“Personalizzare significa garantire il protagonismo della propria vita e la partecipazione delle persone con disabilità, e quando queste non sono in grado da soli di operare tutte le scelte, deve essere garantito il diritto alle famiglie che ne hanno cura – sottolinea -. Questo momento segna il passaggio determinante della famiglia “patologica” a famiglia “attiva”, propositiva, competente, caregivers in grado di gestire la co-progettazione con le Istituzioni; e che come tale non è “abbandonata a se stessa” ma sostenuta; senza la partecipazione dei beneficiari o destinatari (delle persone con disabilità e delle loro famiglie) non si possono realizzare servizi personalizzati “su misura” di quell’individuo, prerogativa che, come testimoniano le persone e le famiglie che hanno già attuato per esempio un piano 162, o percorsi scolastici personalizzati, ne determina la qualità in termini di soddisfazione del bisogno. Esserci e partecipare – spiega – significa essere corresponsabili di un intervento, di un’azione, possedere una “forza contrattuale” che permette ai destinatari di progettare con le Istituzioni da soggetti attivi. Questo permette di stimolare nelle persone con disabilità grave e gravissima e nei loro familiari, una maggiore responsabilità attraverso la possibilità di “acquistare in proprio” il servizio e di poterne valutare la qualità dello stesso”.
Fonte:
RAS Regione Sardegna- Elaborazione Centro Studi ABC Sardegna) – Nella Tabella Solo piani personalizzati legge 162.
Flusso finanziamenti