In Italia si continua a registrare un aumento delle separazioni, in particolare quelle conflittuali, con un numero quasi raddoppiato negli ultimi anni rispetto ai periodi precedenti. Ma conflittuale o meno, che effetto ha una separazione sulla salute mentale dei bambini? La separazione è un trauma di per sé per i figli, ma è come questa viene gestita a determinare gli effetti a lungo termine sulla salute mentale e fisica della prole. I genitori vanno aiutati, ma i servizi sanitari e sociosanitari sono carenti e frammentati sul territorio nazionale. Occorre prestare attenzione ai segnali di disagio mostrati dai bambini durante il processo di separazione perché non si tratta di un momento isolato, ma di una situazione che si protrae nel tempo, con conseguenze a livello sociale, affettivo e sulla salute del bambino di oggi e l’adulto che diventerà. Il pediatra ha un ruolo fondamentale nell’individuare i segnali di un possibile disturbo mentale nei bambini, ma va formato meglio su questi aspetti.
Ne abbiamo parlato con il dottor Massimo Nardi, Psicoanalista, membro Società Psicoanalitica Italiana e Associazione Internazionale di Psicoanalisi, oltre che membro AIPPI- Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica dell’Infanzia , dell’Adolescenza e della Famiglia e il Prof. Pietro Ferrara, Ordinario di Pediatria e Direttore Unità Operativa di Pediatria, NPI e Servizio dei disturbi del neurosviluppo, Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma e presidente Società Italiana di Pediatria (SIP) del Lazio.. Entrambi hanno anche lavorato come giudici onorari per il Tribunale dei Minorenni di Roma.

Quali possono essere le conseguenze della separazione sulla salute mentale dei figli?
“Dipende molto anche dall’età dei bambini – spiega il dottor Nardi – se un bambino molto piccolo deve affrontare questo tipo di problemi, deve poter contare su un grado di sicurezza che si basa sulla sua capacità di incidere sul mondo. Faccio un semplice esempio: quando un bambino gioca con due pupazzetti o dei giocattoli, in realtà sta facendo una cosa molto complessa, perché sta pensando che in quel momento lui sta manovrando il mondo, lo riesce a controllare e così, attraverso il gioco, acquisisce sicurezza. Se due genitori litigano aspramente, il bambino prova a controllare la situazione piangendo, per arginare la distruttività dei genitori: ma se i genitori continuano a litigare e ignorano il pianto del bambino, questi penserà che la sua capacità di voler bene ai genitori – che lui esprime attraverso il pianto per farli smettere di litigare – sia assente e questo aumenterà la sua insicurezza. Il bambino pensa: “Non sono stato in grado di fermare questa distruttività, non ho amato abbastanza per prevalere sulla loro aggressività”. Questo mette a rischio la capacità del bambino, futuro adulto, di poter amare. Se un padre e una madre non si accorgono delle sue manifestazioni, il bambino ne ricava un senso di non-esistenza, cioè crede che la sua vita sia inutile, non si sente in grado di incidere sulla realtà, né una persona in grado di amare.
La sfiducia nei confronti della propria capacità d’amare è peggiore dell’angoscia che si ricava dalla sensazione di non essere amati.
Per lo sviluppo di un bambino e per un adolescente è molto peggio provare la sensazione di non essere in grado di amare che di non essere amato, perché se non sono in grado di amare non ho gli strumenti basilari per creare un legame, non solo con le persone, ma anche con la società, con la comunità, con il mondo intero. Bisogna saper creare un legame se voglio proteggere l’ambiente in cui vivo e dare valore all’esistenza. Ogni individuo ha bisogno di sapere che è in grado di poter creare legami: se questa capacità non mi viene riconosciuta dalle prime persone che mi dovrebbero riconoscere ascoltandomi e accorgendosi delle mie reazioni, io non valgo nulla”.
A quali segnali occorre prestare attenzione?
“Prima di tutto – riprende il dottor Nardi -i genitori si devono accorgere della sofferenza del bambino che deriva dalla loro conflittualità, soprattutto se questa si manifesta in maniera aspra, davanti al figlio. Bisogna accorgersi se il bambino è reattivo e risponde alle loro conflittualità in un determinato modo e si devono anche accorgere se ci sono dei cambiamenti significativi nel suo sviluppo. Per esempio, se il bambino invalida delle tappe evolutive o non riesce ad affrontare il primo giorno di scuola o uno sport, un’attività sociale, questi sono tutti segnali da monitorare. Potrebbero anche insorgere determinate patologie organiche, per esempio perdita del controllo sfinteri per quanto riguarda i bambini più piccoli o una perdita delle tappe evolutive conquistate. Altri aspetti patologici possono essere difficoltà a dormire, risvegli notturni frequenti. Uno dei compiti più importanti dei genitori è quello di mantenere l’attenzione sullo sviluppo del bambino e laddove ci sono delle variazioni o delle regressioni, bisogna intervenire”.

“Quando improvvisamente un bambino comincia a cambiare carattere – sottolinea il Professor Ferrero– a diventare aggressivo, ad avere un calo del rendimento scolastico, quando tutto questo è caratterizzato ed è improvviso, allora bisogna preoccuparsi. E qui gioca l’importanza del pediatra, il pediatra sentinella, cioè colui che deve intercettare questi segnali che sono invisibili ai più e sono invisibili anche agli addetti ai lavori. Perché è difficile riuscire a comprendere il perché di un calo del rendimento scolastico. I genitori tendono sempre a giustificare: non gli piace andare a scuola perché vuole giocare coi videogiochi, è svogliato e pigro. Quello invece può essere un vero e proprio segnale quando è improvviso: è l’espressione di un disagio.
Il pediatra ha un ruolo fondamentale perché è colui che non solo guarda il bambino, ma parla con la famiglia, cercando di capire anche se c’è conflittualità. Deve far capire che al centro ci deve essere il bambino e non la sua strumentalizzazione, come spesso purtroppo avviene nelle coppie ad alta conflittualità. Bisogna far comprendere che i genitori raccoglieranno ciò che stanno seminando durante la crescita del bambino. I pediatri vanno formati su questi aspetti. In tante regioni italiane non ci sono ancora dei corsi di formazione per i pediatri di famiglia. Si sta cominciando un nuovo tour in dieci scuole di specializzazione in tutta Italia per sensibilizzare sul problema perché dalla scuole di specializzazione si esce preparati sulle malattie, ma non su temi come questi.
Quali disturbi possono insorgere in un bambino o adolescente in seguito a una separazione mal gestita?
“I disturbi che può sviluppare un bambino – riprende Nardi – soprattutto nelle situazioni in cui non viene ascoltato e aiutato, non sono raggruppabili in un modello medico organico, come una persona che ha preso il virus e ha sviluppato una sintomatologia: in età evolutiva il ventaglio delle derive psicopatologiche è molto ampio.
I disturbi d’ansia e di carattere depressivo in età evolutiva non sono facili da individuare, così come forme più estreme come la tossicodipendenza, gli atti autolesionistici, i disturbi dell’alimentazione. Dire che la separazione provoca un disturbo di alimentazione è un estremismo, bisogna stabilire il nesso, perché il disagio psichico dipende da molti fattori. Tra questi, vi è la capacità o meno del bambino/adolescente di potersi soggettivare, cioè mantenere una fiducia nel sentire che lui può controllare la vita che lo circonda ed è capace di separarsi dalle figure che si sono prese cura di lui.
Una separazione dei genitori complica, infatti, la possibilità a un bambino o a un adolescente di operare dei naturali processi di separazione, come andare a scuola o a nuoto.

Faccio un altro esempio: se io tollero di separarmi dai miei ogni giorno per andare a scuola, in un centro estivo in vacanza, questo lo posso fare se non ho particolari preoccupazioni che mi tengono vincolato a quel genitore, altrimenti posso rinunciare a diventare io un soggetto per rimanere l’oggetto della consolazione, della rassicurazione o del piacere di mio padre, di mia madre. Rinunciare a queste esperienze esterne capita molto spesso, perché i bambini non vogliono lasciare da solo il genitore che credono in difficoltà. Questo succede anche se il genitore non chiede nulla. Se un bambino deve andare in gita scolastica, ma la mamma è molto triste e depressa e piange oppure vede il padre bere, il bambino non se ne vuole andare e si vuole prendere cura del genitore in difficoltà: i bambini sono molto preoccupati in queste situazioni. Se si hanno a casa una mamma che piange e un papà che beve, queste persone vanno aiutate. Prima bisogna pensare alla mamma che piange e al papà che beve e poi, in questo modo, si riesce a intervenire meglio su bambini.
Come si può stabilire una correlazione tra situazioni negative vissute nell’infanzia e l’insorgenza di malattie?
“La conflittualità nella coppia può avere effetti negativi sui bambini, sia a livello psicologico sia fisico – commenta Ferrero – abusi e maltrattamenti sono concetti oggi più ampi e includono anche le esperienze negative vissute nell’infanzia, come vivere in una coppia ad alta conflittualità. Queste esperienze possono portare a conseguenze gravi, come ansia, depressione, disturbi alimentari e del sonno, ma anche a obesità, cefalee, malattie autoimmuni e persino malattie tumorali. Studi scientifici dimostrano che lo stress e le modificazioni ormonali causate da esperienze negative nell’infanzia possono indebolire le difese immunitarie e alterare l’equilibrio cellulare, aumentando il rischio di sviluppare tumori e altre malattie. Il pediatra ha un ruolo importante nel supportare i genitori durante la separazione e nel fornire strumenti per minimizzare l’impatto negativo sulla salute mentale e fisica dei bambini. Sarebbe auspicabile che tutte le branche della medicina esaminassero le situazioni dell’infanzia che potrebbero aver messo a rischio la salute dei pazienti. Purtroppo, la maggior parte delle segnalazioni all’autorità giudiziaria di queste situazioni di abuso maltrattamento non arrivano dai pediatri, ma dalla scuola, dai vicini, dai familiari”.
Come dovrebbe essere gestita la separazione?”
“A volte succede che quando la coppia si infrange, si infrange purtroppo anche la capacità genitoriale – sottolinea Nardi – se uno dei genitori si separa non solo dal compagno, ma anche dal figlio, per il figlio diventa più difficile la crescita, perché è come se rischiasse di rimanere più vincolato a chi rimane ed è più difficile operare un processo di separazione perché l’altro se n’è andato e non ha aiutato l’altro genitore a separarsi dal figlio. Ci sono delle situazioni come l’affido condiviso, una norma giuridica che dovrebbe essere sostanziata da una capacità reale di condivisione, andrebbe cioè riempita di significato, non rimanere solo come regolazione della potestà. Dovrebbe essere una sfida per entrambi i genitori a mantenersi nella funzione di genitori e condividere con l’altro il percorso del figlio, mentre spesso è una mera ripartizione dei giorni: tre giorni con un genitore e tre giorni con l’altro.
Dal punto di vista psicologico, nella testa del bambino i genitori rappresentano l’unione che simboleggia la prevalenza dell’amore sugli aspetti di aggressività e di distruttività. Ecco perché ogni separazione, anche se ben condotta, è una ferita per un bambino.
I genitori vanno aiutati in questo percorso, alcuni hanno competenze emotive e ce la fanno anche senza dover andare da un giudice, si mettono d’accordo fra di loro attraverso una separazione consensuale. E poi ci sono quelli che non ce la fanno.
“Spesso i genitori utilizzano i figli in maniera strumentale – rimarca Ferrero, che lavora come Giudice Onorario per il Tribunale dei Minorenni di Roma – non tanto per avere il figlio con sé, ma per ferire, poi ci sono quei casi estremi in cui si ammazzano i bambini per ferire l’altra persona. Purtroppo le situazioni di separazione si accompagnano, nella stragrande maggioranza dei casi, ad altissima conflittualità. In molti paesi, viene richiesto ai genitori di elaborare un piano educativo per i propri figli prima della separazione, al fine di attenuare gli effetti negativi del processo sui bambini. Tuttavia, in Italia, vi sono ancora situazioni in cui i genitori, per motivi diversi, decidono di sradicare completamente le abitudini e le certezze dei loro figli, costringendoli a cambiare scuola, attività sportive e ambiente sociale. Per questo, l’ Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza ha stilato la “Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori” che mette il bambino al centro, con i suoi diritti.
Da noi purtroppo manca una cultura dell’infanzia: siamo uno dei pochi Paesi al mondo dove ancora continuiamo a chiamare il bambino minore, che non è nemmeno un sostantivo, è un aggettivo che si porta dietro una carica di inferiorità, di vulnerabilità che non dovrebbe esistere.
E allora il cambio deve essere un cambio non solo lessicale, ma concreto. In Italia, i bambini non sono difesi e non esiste una lobby che difende i diritti dei bambini; lo si vede per esempio nelle scuole. La figura del Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, che interviene anche in maniera decisa e pesante quando necessario, non esisteva fino a dieci anni fa. Per molto tempo la figura del minorenne è stata considerata un oggetto, quindi non una persona con dei diritti, ma un oggetto di cui i genitori potevano disporre a piacimento, come se i genitori fossero i proprietari dei bambini. Oggi i genitori devono capire che sono i custodi dei bambini per cui, se non dimostrano di essere responsabili per il corretto sviluppo psico fisico dei figli, possono essere rimossi dal loro ruolo di genitore, temporaneamente o definitivamente.

Cosa possiamo consigliare ai genitori che stanno affrontando una separazione?
“Occorre ascoltare il bambino – riprende Nardi – e rassicurarlo sulla sua capacità di amare e di incidere sul mondo. Se i genitori litigano e non si accorgono della sofferenza del bambino, questi potrebbe perdere fiducia nella sua capacità di amare e di influenzare positivamente il mondo che lo circonda. Mantenere l’attenzione sullo sviluppo del bambino e intervenire in caso di variazioni o regressioni è uno dei compiti più importanti dei genitori durante una separazione. Inoltre, è importante fare riferimento a professionisti e servizi di supporto come neuropsichiatria infantile, consultori familiari e servizi materno-infantili per la salute mentale dell’età evolutiva. Purtroppo, questi servizi possono essere carenti a causa della mancanza di personale e di fondi, soprattutto se confrontati con l’attenzione alla salute mentale degli adulti”.
“I bambini coinvolti in separazioni conflittuali spesso si sentono colpevoli per la situazione – evidenza Ferrero – e si percepiscono come responsabili. È importante spiegare loro che non sono la causa della separazione o della conflittualità e monitorare come elaborano queste situazioni. In Italia, la violenza verbale e la violenza assistita non sono considerate reati a sé stanti, ma solo come aggravanti del reato di maltrattamento. Tuttavia, queste forme di violenza possono causare danni molto più devastanti, soprattutto nei confronti dei bambini. La legge 71/2017 sul cyberbullismo, rappresenta un passo avanti nella protezione dei bambini e delle famiglie che subiscono azioni di questo tipo. Tuttavia, la prevenzione primaria, ovvero evitare i conflitti in casa, rimane difficile da attuare. Al momento, la prevenzione secondaria, che consiste nell’interruzione della catena negativa nei confronti del bambino e nel sostegno alla famiglia, rappresenta l’approccio più realistico”.
Se le istituzioni offrissero un adeguato supporto, molte di queste situazioni potrebbero trovare soluzione o miglioramento. Pertanto, è fondamentale promuovere l’implementazione di misure volte a proteggere il benessere dei bambini coinvolti in separazioni conflittuali, attraverso il dialogo tra genitori e pediatri, l’intervento dei servizi sociali e il supporto istituzionale.
Il dialogo e l’ascolto tra genitori, bambini e professionisti della salute sono fondamentali per comprendere il disagio del bambino e per far capire ai genitori l’impatto che le loro azioni possono avere sulla salute mentale dei loro figli. Il ruolo del pediatra in queste situazioni è molto importante e può collaborare con altri professionisti, come neuropsichiatri infantili, psicologi e operatori sociali, per garantire che il bambino riceva il supporto di cui ha bisogno. È fondamentale che i servizi sanitari italiani lavorino per migliorare la qualità e la disponibilità dei servizi di salute mentale per i bambini e le loro famiglie, indipendentemente dalla regione in cui vivono. Allo stesso tempo, è importante incoraggiare una maggiore consapevolezza e comprensione della salute mentale dei bambini e degli adolescenti all’interno delle comunità mediche e della società in generale.