L’endometriosi è una malattia cronica, in cui il tessuto che riveste l’utero (endometrio) si diffonde in altre zone dell’addome. Può essere una condizione invalidante, causare infertilità (o sterilità) ed è spesso associata ad ansia, stress e depressione. I sintomi possono essere molto diversi da donna a donna anche come intensità, per questo anche l’impatto sulla vita è molto variabile.
Uno dei maggiori problemi delle donne affette da endometriosi è avere una diagnosi in ritardo, anche anni dopo i primi sintomi. Questo fa sì che le cure iniziano tardi e si accumulano anni di frustrazione e di dolore.

Le storie delle donne che soffrono di endometriosi possono essere diverse tra loro. Abbiamo deciso di raccoglierne quella di Marianna, 41 anni, che soffre di endometriosi dall’adolescenza.
Anche per lei la diagnosi è arrivata tardi soprattutto per il mancato ascolto da parte della maggioranza dei professionisti che l’ha seguita.
Per questo, ha dovuto sopportare il dolore per molto tempo senza sentirsi capita.
Un altro aspetto della sua storia, comune a molte donne con endometriosi, è la difficoltà ad avere un bambino. Il desiderio di maternità non soddisfatto è stato motivo di stress psicologico per lei e la sua famiglia. Marianna dopo anni di tentativi è riuscita ad accettare la sua condizione di infertilità e a vivere serenamente, purtroppo non è per tutte così.
L’endometriosi può mettere a dura prova una donna, ma il sistema di cura deve assicurare ascolto, una diagnosi tempestiva e cure adeguate che tengano conto dell’unicità di ogni persona e del suo vissuto.
Marianna, grazie per aver accettato di raccontarci la tua storia di endometriosi. Quando sono iniziati i sintomi?
Ricordo di aver avuto i primi cicli a circa 14-15 anni inizialmente senza dolore, per circa un anno. In seguito ho sempre avuto forti dolori durante la mestruazione.
Cosa è successo quando ti sei rivolta al tuo medico?
In quegli anni non si parlava di endometriosi e il dolore mestruale, anche intenso, era considerato normale, qualcosa a cui abituarsi. Così dicevano il medico, la ginecologa e chiunque con cui parlassi.
Per aiutarmi mi è stata prescritta la pillola anticoncezionale (in cui il trattamento si interrompe una volta al mese per far comparire le mestruazioni), ma purtroppo nel mio caso il dolore non è migliorato. Inoltre, la pillola mi causava forti vertigini che non mi permettevano di stare in piedi. Per questo ho dovuto interromperla all’età di 22 anni.
Negli anni, la malattia è peggiorata: il dolore non si presentava solo durante le mestruazioni, ma anche negli altri giorni, meno intenso.
La mia ginecologa mi disse che mi sbagliavo, era colite e facevo confusione. Quindi mi sono tenuta questo dolore per anni, assumendo antidolorifici che nel tempo mi hanno rovinato lo stomaco.
Verso i 26 anni ho parlato con un altro ginecologo che mi ha prospettato la possibilità di prendere un’altra pillola anticoncezionale. Ma anche con la nuova pillola, dopo alcuni mesi, le vertigini sono tornate e ho smesso di prenderla.
Quando hai iniziato il tuo percorso verso la diagnosi?
Nel corso degli anni il dolore è aumentato, ma sono arrivata a circa 34 anni sopportando tutto senza ulteriori indagini, dato che mi veniva detto in continuazione che era normale e non c’era niente da fare, se non prendere la pillola.
Intorno i 34 anni, sono tornata a indagare la mia condizione spinta dal desiderio di avere un figlio, che dopo un anno di tentativi non arrivava. In quegli anni si iniziava a parlare di endometriosi e alcune amiche che ne soffrivano si erano rivolte ad alcuni centri specializzati con grande beneficio.
Così, ho deciso di rivolgermi a un centro specializzato.
Il ginecologo che mi ha visitata ha, però, sminuito molto il mio racconto, dicendomi che noi donne avevamo iniziato a sospettare l’endometriosi al minimo accenno di dolore, perché era “una moda”.
In ogni caso, mi ha prescritto una risonanza magnetica per eliminare il dubbio. Il referto dell’esame riportava più volte la parola “focolai endometriosici”, ma non sono un medico e ho riportato il referto al ginecologo. La sua risposta è stata che la diagnosi di endometriosi non c’era perché si ha solo quando si opera. Il suo consiglio è stato di continuare a provare ad avere un bambino, perché un anno di tentativi era poco e non vedeva motivi per non restare incinta dato che non c’era endometriosi.
Ero stanca di sentirmi dire che ero fissata
Mi sono tenuta il dolore e ho continuato a provare ad avere un figlio, senza successo.
Arriviamo a gennaio 2019 in cui sto molto male. Durante l’ovulazione e durante le mestruazioni dovevo prendere degli antidolorifici. Nel frattempo, avevo cambiato medico di base e la nuova dottoressa si rese conto che stavo malissimo. Mi toccò il ventre e si ritrasse perché aveva sentito delle formazioni molto dure che indicavano una forte infiammazione.
Mi ha mandata da un’altra ginecologa, la quale esaminando i miei esami ha riconosciuto immediatamente la presenza di endometriosi e mi ha consigliato di rivolgermi ad un altro centro specializzato.
Come è andata nel nuovo centro?
Ero molto provata sia fisicamente sia psicologicamente. Mi sono stati fatti tutti gli esami del caso e la diagnosi della risonanza magnetica è stata confermata: adenomiosi, una forma di endometriosi localizzata nelle pareti interne dell’utero. Anche qui mi dissero che non potevo essere operata. Io ci speravo, perché delle amiche erano state operate, stavano meglio e avevano avuto figli. Mi dissero che dovevo assumere un altro tipo di pillola anticoncezionale, quella continuativa senza interruzioni mensili e senza la comparsa delle mestruazioni. Spiegai il mio problema di vertigini, ma mi assicurarono che la pillola che avrei assunto non avrebbe dato questo problema.
E ha funzionato?
Non mi ha dato il problema delle vertigini e ha effettivamente diminuito il dolore, ma purtroppo ho avuto un altro effetto avverso importante: mi ha causato un forte umore depresso (calo dell’umore, con tristezza continua e inspiegabile)
Dopo tre mesi ho ricontattato il centro esternando questo problema e mi hanno assicurato che col passare del tempo la cosa sarebbe migliorata.
Nello stesso centro, decidiamo di fissare una visita informativa per la fecondazione assistita, un percorso che mio marito ed io non volevamo fare, ma ci viene detto che è la nostra unica chance per avere un figlio.
L’incontro è andato male: ci siamo sentiti davanti a una compravendita e nessuno ha tenuto conto della mia fragilità psicologica. Avrei dovuto interrompere la pillola che mi dava umore depresso per poi riprenderla dopo il parto, e tutto questo per me non era tollerabile. Anche l’iter della fecondazione assistita, in quel momento di fragilità psicologica, mi sembrava troppo impegnativo, anche perché le possibilità di fallimento erano alte.
In breve tempo io e mio marito abbiamo preso la serena decisione di rinunciare ad avere un figlio: con grande sollievo ci siamo liberati da questo desiderio che purtroppo era diventato una fissazione che ci rovinava l’esistenza.
Come si è evoluta la tua cura?
Dopo 6 mesi della nuova pillola stavo molto male.
Un’amica mi parlò bene di una ginecologa che lavorava nel primo centro a cui mi ero rivolta. La incontrai e le spiegai che la pillola mi dava umore depresso e non potevo sopportare la cura. Una volta saputo che non avevo intenzione di avere un figlio mi disse che avrebbe potuto operarmi, ma che l’operazione probabilmente non sarebbe stata risolutiva perché, una volta ripreso il ciclo, c’era una altissima possibilità di avere dei nuovi adenomi.
Mi cambiò pillola, dandomene una a dosaggio minore e questo mi ha aiutato un po’ e con il passare del tempo ho accantonato l’idea di operarmi.
Dopo due anni che assumevo la pillola e il mio umore depresso peggiorava e ormai da troppo tempo non ero più la persona allegra che sono sempre stata. Ho quindi preso la decisione di interrompere.
Come va oggi?
Dopo due settimane di interruzione della pillola il mio umore è tornato quello di prima: quello di una persona allegra e ironica.
Ho ricominciato ad avere il ciclo e per fortuna la cura fatta in passato ha comunque mitigato i sintomi.
Oggi ho molto dolore durante le mestruazioni, prendo antidolorifici, devo curare lo stomaco e resto chiusa in casa. Ma negli altri giorni sto meglio rispetto al passato.
Dato che non posso curarmi, faccio un monitoraggio una volta all’anno per valutare che la situazione non si aggravi.
Ho cambiato ancora ginecologo, in un terzo centro. Anche qui ho trovato poco ascolto ed empatia. Mi dicono che in futuro si potrà valutare di eliminare utero e ovaie. Altrimenti, se la malattia peggiora, dovrò ricominciare a prendere la pillola anticoncezionale. Ma ho paura che torni l’umore depresso e non lo farò.
“Personalmente, anche se combattere il dolore fisico è faticoso, preferisco questo che combattere il dolore psicologico”
Quali sono le cose che ti hanno pesato di più?
La cosa peggiore è stata non essere creduta e ascoltata, sia per quanto riguarda il dolore sia nella mia segnalazione di eventi avversi.
Tutti i ginecologi dicevano che il mio umore depresso non poteva dipendere dalla cura, sminuendo la mia esperienza. Mentre per me era chiaro che a peggiorare il mio umore fosse proprio quella pillola.
In seguito, una ginecologa che lavora in Svizzera mi ha confermato che le pillole anticoncezionali non sono per tutte perché possono dare questi e altri tipi di problemi.
Con quali altre persone ti sei confrontata negli anni della malattia?
Ho condiviso la mia esperienza di endometriosi con delle amiche che hanno la stessa malattia, anche se in forme diverse e con storie diverse, e mi è stato molto utile.
Ho provato anche a iscrivermi a dei gruppi sui social network ma l’ho trovato inutile e spesso dannoso per le informazioni non corrette che affioravano, senza aver prima consultato un medico. Nonostante la mia esperienza, resto comunque fiduciosa nelle scienze mediche e ho abbandonato ben presto questi gruppi.
Qual è stato l’impatto dell’endometriosi nella tua vita?
La malattia ha cambiato molto la mia vita. Oggi sono serena perché sono riuscita a prendere il mio dramma e a trasformarlo per andare avanti, ma il pensiero che senza l’endometriosi avrei avuto un figlio resta sempre. Per fortuna non fa più così male. Anche grazie ai miei genitori e a mio marito, sono riuscita ad accettare la mia condizione ed ad essere felice, ma so che non è così per tutte.
Cosa consiglieresti a una donna o ragazza che ha sintomi che possono essere riconducibili all’endometriosi?
Consiglierei di insistere e di rivolgersi a diversi medici se non ci si sente ascoltate.
È bene sentire un secondo parere e rivolgersi a un centro specializzato in questa malattia. Anche se non mi sono sempre trovata bene in questi centri, ho molte amiche che qui hanno trovato la soluzione e mi hanno consigliato medici a cui rivolgermi.
È difficile accettare che due ginecologi diano risposte molto diverse su una diagnosi
Si, e sarebbe stato giusto ricevere da tutti gli specialisti ascolto ed empatia, cosa che spesso è mancata.
Anche la comunicazione medico-paziente poteva essere di gran lunga migliore. Ad esempio, avrebbero potuto spiegarmi fin da subito il motivo per cui non ero operabile. L’ha fatto solo l’ultima ginecologa portandomi a comprendere che non era la via giusta per il mio caso. Avrei potuto accettare questo fatto molto prima, invece di sperare in un’operazione per tanti anni.